Abbandono scolastico, Italia sotto la media UE: Sud e ragazzi i più colpiti [in allegato dati Istat]
Nel 2024 l’abbandono scolastico in Italia scende al 9,8% ma resta sopra la media UE, con criticità nel Sud e tra i ragazzi. Serve più spesa in istruzione
Nel 2024 l’Italia registra un miglioramento nel contrasto all’abbandono scolastico precoce, ma resta sopra il target UE. Il divario territoriale e di genere evidenzia criticità persistenti, soprattutto al Sud. Più investimenti in istruzione e strategie mirate sono fondamentali per garantire pari opportunità a tutti i giovani
Abbandono scolastico: il dato nazionale e il confronto europeo
Secondo i dati ISTAT, nel 2024 il tasso di abbandono scolastico si attesta al 9,8%, in calo rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, l’Italia non ha ancora raggiunto il traguardo europeo del 9% fissato per il 2030. Il fenomeno coinvolge la fascia 18-24 anni e riflette un percorso di miglioramento che però risulta ancora insufficiente per allinearsi ai partner europei. La media UE è già inferiore alla soglia fissata, segnalando la necessità di un ulteriore impegno per ridurre la dispersione scolastica nel nostro Paese.
Disuguaglianze territoriali: nelle regioni meridionali l’abbandono scolastico tocca il 12,4%
Le differenze regionali restano marcate: nel Mezzogiorno l’abbandono scolastico tocca il 12,4%, con punte critiche in alcune regioni meridionali. Questa disparità evidenzia un’Italia ancora divisa nell’accesso al diritto all’istruzione. Le cause vanno dalla scarsità di infrastrutture scolastiche ai contesti familiari svantaggiati, fino a una carente offerta formativa in territori fragili. Il divario Nord-Sud, dunque, non riguarda solo l’economia, ma si riflette anche sulla permanenza dei giovani nei percorsi scolastici.
Il nodo del divario di genere
Un altro elemento di rilievo è il divario tra maschi e femmine: il 12,2% dei ragazzi abbandona gli studi contro il 7,1% delle ragazze. I giovani uomini, in particolare in contesti sociali difficili, tendono a lasciare la scuola per intraprendere precocemente attività lavorative, spesso inoccupate o irregolari. Questo squilibrio di genere sottolinea l’urgenza di politiche più incisive, sia educative sia sociali, per trattenere i ragazzi nei percorsi di istruzione e formazione professionale.
Investimenti insufficienti e prospettive
Nel 2023 l’Italia ha destinato solo il 3,9% del PIL alla spesa pubblica per l’istruzione, ben al di sotto della media europea del 4,7%. Un dato che limita la possibilità di rafforzare l’inclusione scolastica, l’orientamento e la qualità dell’offerta educativa. Per colmare il ritardo servono investimenti strutturali e strategie differenziate per i territori più fragili. Solo così sarà possibile ridurre la dispersione e trasformare il calo dell’abbandono scolastico in un successo stabile e duraturo.