Ecco il contributo giunto in redazione da parte della Community di Uniti per INDIRE. Si tratta di un’intervista ad una docente dal titolo “Da R di riserva a R di rispetto“. La chiacchierata offre uno sguardo autentico e profondo sulle storie di tanti docenti penalizzati dal pregiudizio legato al TFA europeo, dando finalmente voce ad esperienze di impegno e riscatto nell’ambito della formazione.
L’intervista di Uniti per INDIRE: ‘da R di riserva a R di rispetto…’
Non posso restare in silenzio di fronte al fango che si sta gettando indiscriminatamente su tante persone con il pretesto del TFA europeo. È assurdo e ingiusto che un percorso di formazione, che ha rappresentato per molti un’occasione di crescita e di riconoscimento professionale, venga dipinto come qualcosa di negativo, di improprio, di sottovalutabile.
C’è un vero e proprio accanimento che colpisce senza distinzione, alimentando diffidenza, pregiudizi e ingiustizie.
Come è giusto che sia in un paese in cui tutti hanno diritto di parola, è giunto il momento di approfondire cosa significa, davvero, portare addosso quella “R” in GPS, come se fosse un marchio d’infamia, e di ascoltare le voci di chi, come tanti docenti della nostra Community, si trova a dover affrontare questo peso ingiusto ogni giorno.
Perché dietro quella lettera ci sono storie di passione, di sacrificio, di desiderio di migliorare, di contribuire alla scuola e alla società.
È ora di smettere di giudicare senza conoscere, di condannare senza giustificare, e di riconoscere il valore di chi si impegna, di chi sceglie di formarsi all’estero o di chi ha deciso di intraprendere percorsi diversi. Solo così potremo costruire una scuola più giusta, più rispettosa e più umana.
In questa intervista che ho condotto emergerà la parte umana dei docenti con TFA europeo. Non la solita inchiesta. Non un dito puntato ma un cuore che si apre. Eccola…
Specializzazione con TFA europeo, l’intervista: “Cosa significa quella R per me…”
D: Grazie per aver accettato questa intervista. Vuoi iniziare condividendo cosa rappresenta quella R che compare accanto al tuo nome in GPS?
Prof. S. B. : Certo. Quella R è il mio marchio di infamia. È causa di mobbing sul lavoro, cyberbullismo, diffidenza e sofferenze psicofisiche. È come un marchio che porta con sé un peso enorme.
D: È terribile pensare che una semplice lettera possa scatenare così tante reazioni negative. Come influisce questa R sulla tua vita professionale e personale?
Prof. S. B.: È una fonte di paura costante. Paura di perdere il posto di lavoro, di essere fraintesa, di essere giudicata senza giusto motivo. Sul lavoro, mi mette sotto pressione e spesso scatena inchieste giornalistiche poco corrette che gettano fango su tutti, senza distinzione.
D: E sul piano umano? Come reagiscono le persone attorno a te?
Prof. S. B.: La R ha causato rotture di rapporti di amicizia. Alcune persone mi considerano imbrogliona, truffatrice, infame… È difficile affrontare questo tipo di diffidenza e incomprensione, soprattutto quando le segreterie scolastiche, che dovrebbero aiutarti, non sanno come gestire questa situazione e arrivano a chiedere anche ciò che non esiste.
D: È evidente che tutto questo crea un clima di ostilità. Ti sei mai chiesta se sia possibile lavorare con questo “macigno” sulle spalle?
Prof. S. B.: Certamente. Mi chiedo se sia possibile lavorare a cuor leggero, con questa R che pesa come un macigno. È difficile, perché sembra che ogni passo sia scrutato, giudicato, come se la mia integrità fosse sempre sotto attacco.
D: Ti sei mai sentita ingiustamente accusata di aver scelto scorciatoie?
Prof. S. B.: Spesso sì. Ma chi non sa, non parli. Quando si percorrono strade diverse, come i percorsi Erasmus o studi all’estero, si viene spesso penalizzati, come se queste scelte fossero sbagliate. È un paradosso: siamo europei, ma fino a un certo punto.
D: Parlando di scelte di carriera, perché non hai fatto il TFA in Italia?
Prof. S. B.: Perché un tempo era considerato un’eccellenza, ma ora… spoiler: non lo è più. E poi, perché i sacrifici si fanno solo in Italia? Se decidi di andare all’estero, è perché vuoi fare un’esperienza, imparare, crescere. Perché dovrei sentirmi inferiore per questa scelta?
D: Quindi, la tua decisione di studiare all’estero è stata una scelta di crescita personale e professionale.
Prof. S. B.: Esattamente. È un mio diritto. Perché dobbiamo giustificare questa scelta? Perché veniamo sottoposti all’inquisizione ogni volta che prendiamo servizio, ogni volta che cerchiamo di spiegare qualcosa, di aprire un dialogo?
D: Sembrerebbe che ci sia un desiderio di riscatto e di rispetto.
Prof. S. B.: Sì. Questo non è vittimismo, ma un desiderio profondo di riscatto morale e sociale. INDIRE rappresenta per me questa speranza. Se non avessi più quella R accanto al nome, potrei essere finalmente libera da ogni pregiudizio, da ogni cattiveria gratuita. Potrei lavorare senza l’ombra del rifiuto che incombe.
D: Qual è il messaggio più importante che vorresti condividere con chi ci leggerà?
Prof. S. B.: Grazie a questa Community, abbiamo scoperto che siamo uniti verso un obiettivo comune: una scuola bella, dove ognuno è un valore aggiunto.
Il dialogo, il rispetto reciproco, la convivenza civile sono fondamentali. E chi fa il duro, spesso è solo cosciente di essere nessuno.
D: È un messaggio di speranza e di forza. Ti ringrazio per aver condiviso la tua storia e i tuoi sentimenti.
Prof. S. B.: Grazie a voi. È importante continuare a lottare per una scuola più giusta, più umana, più rispettosa.
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