Femminicidio, educare per salvare: la lezione tragica di Martina
Il femminicidio di Martina Carbonaro rilancia la necessità di rendere obbligatoria l’educazione affettiva e relazionale per prevenire la violenza di genere


Il femminicidio di Martina Carbonaro, 14 anni, ha sconvolto l’Italia e riacceso il dibattito sulla necessità di un’educazione affettiva e relazionale strutturata e obbligatoria nelle scuole. Una richiesta condivisa da esponenti politici, esperti e famiglie, convinti che reprimere non basti: serve un impegno costante, culturale ed educativo, a partire dai più giovani
Il femminicidio di Martina Carbonaro: una tragedia che scuote famiglie e scuole
Il 27 maggio 2025, il corpo di Martina Carbonaro, studentessa di Afragola, è stato ritrovato in un casolare abbandonato. Secondo le indagini, la giovane era uscita la sera prima per incontrare l’ex fidanzato di 18 anni, ora principale indagato per omicidio. Il fatto ha suscitato un’ondata di dolore e indignazione, soprattutto tra i genitori che chiedono un’educazione efficace alla gestione delle emozioni e del rifiuto. Famiglie e docenti invocano un’alleanza educativa stabile, che coinvolga in modo sistematico scuola e famiglia nella prevenzione della violenza.
La politica unita nella richiesta di interventi
Numerosi esponenti politici hanno preso posizione sull’accaduto. Irene Manzi, responsabile scuola del Partito Democratico, ha richiesto una collaborazione bipartisan per introdurre programmi strutturati di educazione affettiva e relazionale, coinvolgendo anche personale specializzato nelle scuole. La segretaria del PD, Elly Schlein, ha evidenziato l’urgenza di una battaglia culturale ed educativa: “Martina aveva 14 anni. È stata uccisa dal suo ex. Non possiamo più accettare questa mattanza quotidiana”. La proposta è chiara: una legge nazionale per rendere obbligatoria l’educazione al rispetto e alle differenze in tutti i gradi scolastici.
Femminicidio: l’impegno di esperti e comunità educante
Paolo Crepet, psichiatra e scrittore, ha ribadito che la violenza nasce spesso da modelli culturali distorti e dalla mancanza di alfabetizzazione emotiva. L’educazione deve iniziare dalla prima infanzia, insegnando a riconoscere e gestire le emozioni. Secondo Crepet, è fondamentale contrastare i messaggi devianti diffusi dai social, che possono influenzare negativamente la percezione delle relazioni tra i giovani. Serve un lavoro educativo quotidiano, profondo, capillare. Anche il corpo docente, colpito dalla tragedia, chiede di trasformare il dolore in azione educativa concreta, partendo dal rispetto, dalla libertà e dall’uguaglianza.
Educazione relazionale come fondamento della prevenzione
Dalla tragedia di Afragola emerge con forza un messaggio condiviso: la repressione da sola non basta. La prevenzione passa attraverso l’educazione relazionale strutturata, obbligatoria, continuativa. Le scuole devono diventare luoghi centrali nella formazione alla parità, sostenute da risorse e figure professionali competenti. L’educazione affettiva deve rientrare nei curricoli scolastici, per scardinare precocemente la cultura del possesso e della violenza. È un’urgenza educativa che riguarda tutti: genitori, docenti, istituzioni e società civile, chiamati a costruire insieme un’idea nuova e sana di relazione.