Il rapporto 2024 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro offre uno sguardo aggiornato sul rapporto tra genitori e lavoro. Oltre 60.000 dimissioni volontarie o risoluzioni consensuali da parte di madri e padri confermano quanto la genitorialità influenzi ancora profondamente le scelte professionali. Sebbene le madri restino le più coinvolte, aumenta la quota di padri che lascia il lavoro per motivi legati alla cura dei figli, segnale di un cambiamento in atto nei ruoli familiari e nelle dinamiche occupazionali.
Dimissioni genitoriali: i numeri del 2024
Secondo i dati raccolti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nel 2024 sono stati registrati 60.756 provvedimenti di convalida relativi a dimissioni volontarie o risoluzioni consensuali da parte di genitori lavoratori. Di questi, 42.237 hanno riguardato madri e 18.519 padri, confermando la persistente disparità di genere nell’impatto della genitorialità sul lavoro. Tuttavia, una tendenza interessante è emersa: la quota di padri che ha motivato le dimissioni con esigenze legate alla cura dei figli è cresciuta, passando dal 16,7% del 2023 al 21,1% nel 2024. Un incremento che, pur nella sua modestia, riflette un’evoluzione culturale e sociale nei ruoli familiari.
Età dei figli e anzianità lavorativa: due variabili chiave
L’analisi dei dati mette in luce come l’età del bambino e l’anzianità di servizio del genitore siano elementi determinanti nella decisione di abbandonare il lavoro. Le dimissioni sono più frequenti nei primi tre anni di vita del figlio, fase in cui l’impegno richiesto dalla cura è più intenso. Inoltre, sono soprattutto i lavoratori con bassa anzianità aziendale a dimettersi, a dimostrazione del fatto che chi ha un legame più debole con l’azienda o una minore stabilità è anche meno incentivato a rimanere.
Genitori e lavoro: motivazioni diverse per madri e padri
Le ragioni alla base delle dimissioni si distinguono nettamente tra uomini e donne.
Per le madri, il principale ostacolo resta l’impossibilità di conciliare lavoro e famiglia: nel 47,5% dei casi, ciò è dovuto alla carenza di servizi di supporto come asili nido o assistenza all’infanzia. A questo si aggiunge, per un altro 30% circa, l’organizzazione rigida del lavoro, che non consente la flessibilità necessaria per gestire i figli. In sintesi, il 77,5% delle dimissioni femminili è legato a motivazioni connesse alla cura della prole, rivelando quanto la responsabilità familiare ricada ancora in larga parte sulle spalle delle donne.
I padri e la mobilità professionale
Nel caso dei padri, invece, le motivazioni hanno un profilo principalmente professionale. Nel 66,6% dei casi, le dimissioni sono state motivate dal desiderio di cambiare lavoro per condizioni migliori presso un altro datore di lavoro. Sebbene questa percentuale sia in calo rispetto al 72,2% del 2023, resta comunque la causa prevalente tra i lavoratori uomini. Questo dato suggerisce che, per molti padri, la cura dei figli rappresenta ancora una motivazione secondaria rispetto a dinamiche di carriera e opportunità economiche.
Genitori e lavoro: un cambiamento in corso, ma non ancora equo
Il quadro che emerge dal rapporto 2024 è quello di un sistema in cui la genitorialità continua a influenzare in modo sproporzionato le carriere femminili, ma si intravedono segnali di trasformazione. La crescita, seppur contenuta, dei padri che abbandonano il lavoro per dedicarsi ai figli testimonia un lento ma progressivo cambiamento culturale. Tuttavia, le difficoltà strutturali, la mancanza di servizi e l’organizzazione del lavoro rigida restano ostacoli significativi. Affrontarli in modo sistemico sarà essenziale per costruire un modello di lavoro più equo e sostenibile per tutte le famiglie.
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