Mestre, due italiani su 61 alunni: esplode la polemica
A Mestre, due soli alunni su 61 sono italiani: la scuola tra modello di inclusione e dibattito su integrazione e percorsi culturali.


Nelle classi prime di una scuola primaria di Mestre su 61 alunni solo due hanno famiglie completamente italiane, accendendo il dibattito sull’integrazione. Il consiglio d’istituto e il Comune evidenziano prospettive diverse, tra inclusione educativa e preoccupazioni per equilibrio linguistico e culturale.
Composizione delle classi e preoccupazioni
All’inizio dell’anno scolastico in una scuola primaria di Mestre, nelle tre sezioni di prima elementare, su 61 bambini solo una decina hanno la cittadinanza italiana e appena due provengono da famiglie interamente italiane. Tutti gli altri appartengono a cinque diverse nazionalità straniere. La questione è stata sollevata dal consiglio di istituto, che ha richiesto un incontro con il sindaco Luigi Brugnaro e gli assessori comunali. Secondo il presidente Carlo Pagan, la situazione potrebbe ostacolare l’integrazione dei bambini nel Paese in cui vivono, sollevando dubbi sull’equilibrio linguistico e culturale necessario per favorire una crescita comune e armoniosa tra i piccoli.
La risposta delle istituzioni
Dal fronte istituzionale è intervenuta l’assessora alle Politiche educative Laura Besio, che ha ricordato gli sforzi dell’amministrazione e della dirigenza scolastica per garantire una integrazione sana e strutturata. Besio ha sottolineato come i percorsi educativi siano pensati per favorire la conoscenza della lingua italiana, delle leggi e della storia del Paese, permettendo a tutti i bambini di partecipare pienamente alla vita scolastica e sociale. Secondo il Comune, le classi multietniche non devono essere interpretate come un problema, ma come una opportunità educativa per sviluppare competenze interculturali e senso di comunità tra gli studenti.
Modello educativo e dibattito esterno
L’istituto comprensivo Giulio Cesare, situato in un quartiere multietnico vicino alla stazione, è da anni considerato un modello di inclusione. Le classi vengono composte secondo criteri pedagogici che tengono conto dell’equilibrio tra maschi e femmine, del livello di competenze e della distribuzione dei bambini appena arrivati in Italia, non della nazionalità. Tuttavia, le polemiche esterne continuano, anche in seguito alla proposta di un corso facoltativo di lingua bengalese. Per alcuni rappresenta una valorizzazione culturale, per altri un segnale di un’integrazione “al contrario”, in cui la scuola italiana deve adattarsi alle esigenze dei nuovi arrivati, suscitando un acceso dibattito su identità, equità e ruolo della scuola nel contesto multietnico.