Il 15 maggio 2025, durante il question time al Senato, il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intervenuto per rispondere a una serie di interrogazioni parlamentari sul funzionamento dei braccialetti elettronici antistalking, dopo il recente riaccendersi del dibattito pubblico e politico in seguito a nuovi casi di femminicidio. In molte di queste tragedie, l’uomo violento era già stato denunciato e sottoposto alla misura cautelare del braccialetto elettronico, senza però che questo sia bastato a salvare la vita delle donne coinvolte.
Le dichiarazioni del ministro hanno suscitato una forte ondata di critiche da parte delle associazioni impegnate contro la violenza di genere, delle famiglie delle vittime e dell’opinione pubblica. Il nodo, secondo gli esperti, non è tanto la tecnologia del braccialetto in sé, quanto l’assenza di un sistema strutturato ed efficiente per la sua gestione e per la protezione reale delle donne.
Il funzionamento del braccialetto antistalking secondo Nordio
Nel suo intervento, il ministro Nordio ha illustrato alcuni limiti tecnici e pratici dei braccialetti elettronici. In particolare, ha affermato:
“Il funzionamento del braccialetto elettronico è molto spesso incompatibile con i mezzi di trasporto delle persone: nel momento dell’allarme nei confronti di una persona, molto spesso la vittima si trova ad una distanza non compatibile con l’intervento delle forze dell’ordine”.
Per il ministro, il problema non è solo nella tecnologia, ma nella logistica dei soccorsi: troppo spesso, quando l’allarme scatta, le forze dell’ordine non riescono ad arrivare in tempo per impedire l’aggressione. Ha quindi proposto una “soluzione” che ha suscitato indignazione:
“Dobbiamo coniugare questi due elementi dando un’allerta alla vittima, affinché sia in grado, nel momento in cui coglie questo momento di pericolo, di trovare delle forme di autodifesa, magari rifugiandosi in una chiesa o in una farmacia, in un luogo più o meno protetto”.
Cosa sono e come funzionano i dispositivi antistalking
Il sistema antistalking è composto da tre dispositivi:
- Il braccialetto elettronico, installato alla caviglia della persona sottoposta a misura cautelare.
- Il dispositivo track, collegato al braccialetto, che rileva la posizione dell’individuo tramite GPS.
- Il dispositivo VTU, in dotazione alla persona da proteggere, solitamente la donna, che deve portarlo sempre con sé.
Questi dispositivi interagiscono tra loro per monitorare la distanza tra aggressore e vittima, segnalando eventuali violazioni del divieto di avvicinamento, spesso fissato a 500 metri. Quando l’aggressore si avvicina, il sistema genera un allarme che arriva sia alla centrale operativa delle forze dell’ordine sia direttamente al VTU, così che la donna possa essere avvisata immediatamente e, idealmente, mettersi al sicuro in attesa dei soccorsi.
Le critiche delle associazioni: non scaricate la responsabilità sulle vittime
Le parole del ministro hanno provocato dure reazioni. Elisa Ercoli, presidente dell’associazione Differenza Donna, ha commentato:
“L’affermazione del ministro rappresenta un’inaccettabile forma di scaricabarile istituzionale. Le criticità non stanno tanto nel braccialetto elettronico, quanto nella mancanza di una rete efficiente e strutturata per la sua gestione“.
Ercoli ha sottolineato che è lo Stato a dover garantire la protezione delle donne, e che la risposta alla violenza non può consistere in un invito alla fuga o all’autodifesa, ma in politiche serie e coordinate. La sua proposta è chiara:
“Serve una rete capillare di centri antiviolenza e case rifugio, gestiti da persone competenti, per sostenere i percorsi di fuoriuscita dalla violenza”.
Ad oggi, in Italia esistono poco più di 400 centri antiviolenza, un numero ben lontano dagli standard fissati dalla Convenzione di Istanbul, che raccomanda almeno un centro ogni 50.000 donne sopra i 14 anni. Solo 25 province italiane rispettano questa soglia.
La testimonianza di una vittima indiretta: mia sorella era in casa, e non era al sicuro
Anche i familiari delle vittime si sono espressi in modo netto contro le parole di Nordio. Tra loro, Raffaella Marruocco, sorella di Concetta Marruocco, uccisa dal marito nel 2023 a Cerreto d’Esi (Ancona). L’uomo era già sottoposto a misura cautelare e indossava il braccialetto elettronico, ma riuscì comunque a entrare in casa della donna e ucciderla.
“Mia sorella non era in chiesa né in farmacia, ma era in casa, e non era al sicuro. Esiste un posto più sicuro della propria casa?“.
La sua testimonianza evidenzia l’assurdità implicita nella richiesta di rifugiarsi altrove. Per molte donne, la casa è l’ultimo luogo di sicurezza possibile — ma anche quello più facilmente violabile da chi ha già manifestato comportamenti violenti.
Una questione di responsabilità istituzionale
Le reazioni alle parole del ministro Nordio evidenziano una frattura profonda tra le istituzioni e la società civile. Da una parte, il governo sembra fare affidamento sull’autoprotezione delle vittime; dall’altra, le associazioni chiedono un cambiamento sistemico che parta dal riconoscimento della violenza maschile contro le donne come emergenza nazionale. L’efficacia dei braccialetti elettronici non può prescindere da un contesto di supporto strutturato, coordinato e costantemente monitorato. Senza investimenti seri nella rete dei centri antiviolenza, nell’educazione, nella formazione delle forze dell’ordine e nella giustizia, ogni dispositivo resta un’arma spuntata. E ogni raccomandazione alla “fuga” suona come un abbandono.
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