Novara: 'Punire a scuola è inutile, serve educare al conflitto'
Per Daniele Novara, la scuola non deve punire ma educare, trasformando i conflitti in occasioni di crescita e superando bocciature e voti punitivi
Per Daniele Novara, la scuola deve restare un luogo di apprendimento e crescita, non un tribunale minorile. Bocciature, voti numerici e punizioni, secondo il pedagogista, minano lo sviluppo degli studenti e vanno sostituite con metodi che valorizzino il progresso e insegnino a gestire i conflitti come risorsa
Novara: la scuola non è un luogo di espiazione
Daniele Novara avverte del rischio di ridurre la scuola a uno spazio di giudizio e sanzione, tradendo il suo significato originario: quello di essere un ambiente in cui coltivare interessi e sviluppare capacità personali. Negli ultimi anni, spiega, la logica punitiva ha guadagnato terreno, ma resta “una delle posizioni più antiscientifiche del mondo”. L’obiettivo dell’istituzione scolastica, sottolinea, non è condannare chi sbaglia, ma favorire la crescita degli studenti, anche quando affrontano errori e difficoltà.
Bocciature e voti sotto accusa
Tra le pratiche che Novara considera più dannose spicca la bocciatura, vista come inefficace e nociva per l’autostima. Pur riconoscendo che alcuni docenti agiscano in buona fede, il pedagogista denuncia come questa misura porti spesso a esclusione e fallimento. Propone invece di valutare i progressi individuali, evitando di basarsi solo su un momento critico. Allo stesso modo, critica la valutazione numerica tradizionale, in particolare la media aritmetica, perché annulla i miglioramenti fatti penalizzando chi ha saputo superare difficoltà iniziali. Per Novara, l’ultimo tratto del percorso conta più della partenza.
Litigare bene: il conflitto come opportunità
Il pensiero di Novara si traduce nel Metodo Litigare Bene, che vede il conflitto come occasione educativa. Già dall’età prescolare, i bambini vivono litigi quotidiani: se gestiti correttamente, questi momenti favoriscono l’autonomia, la negoziazione e l’autoregolazione emotiva. L’adulto non risolve il conflitto al posto dei bambini, ma li guida a individuare una soluzione condivisa attraverso passaggi precisi: riconoscere il problema, ascoltarsi reciprocamente e cooperare. Portato a scuola, questo approccio diventa un antidoto alla logica punitiva, trasformando le difficoltà in esperienze di crescita collettiva e riducendo il ricorso a sanzioni formali.