Sicurezza o controllo? Le scuole nell’era della videosorveglianza secondo Nicola Gratteri
Nicola Gratteri riaccende il dibattito: più telecamere anche nelle scuole per garantire sicurezza. Ma quali sono i rischi educativi e pedagogici?
L'arresto di sedici persone a Napoli per due omicidi avvenuti in città ha riportato al centro del dibattito pubblico il tema della sicurezza e del ruolo della videosorveglianza. Le dichiarazioni del Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri hanno rilanciato l'idea che l'installazione di telecamere rappresenti una risposta efficace alla criminalità. Ma cosa succede se questa logica viene applicata al contesto scolastico? Tra richieste di maggiore controllo, dubbi sulla privacy e rischi pedagogici, il tema delle telecamere nelle scuole resta una questione aperta e delicata.
Gratteri: “Telecamere per la sicurezza, è il prezzo della vita in città”
Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, è intervenuto su Radio 24 commentando l'arresto di sedici persone coinvolte in due omicidi. Secondo Gratteri, l’aumento delle telecamere di videosorveglianza in città ha giocato un ruolo fondamentale nelle indagini: “Quando sono arrivato a Napoli c’erano meno di 1000 telecamere, ora ne abbiamo più di 1400. Non possiamo mettere un agente in ogni strada, costerebbe troppo”. Riguardo alle polemiche sulla privacy, Gratteri ha affermato: “Chi è ossessionato dalla privacy vada a vivere in montagna o in campagna. È il prezzo da pagare se si vuole vivere in città”. Un’affermazione che ha suscitato ampio dibattito e che risuona anche nel contesto scolastico, dove la questione delle telecamere divide esperti, educatori e famiglie.
Telecamere a scuola: strumento di sicurezza o interferenza educativa?
Nel dibattito pubblico è sempre più frequente il richiamo all'installazione di telecamere all’interno e all’esterno degli edifici scolastici, soprattutto dopo episodi di violenza o atti di bullismo. L’obiettivo dichiarato è quello di prevenire i comportamenti scorretti e aumentare la sicurezza degli studenti e del personale scolastico. Tuttavia, il tema è ben più complesso di quanto appaia. Il Garante per la Privacy ha già espresso in passato riserve sulla liceità dell’uso di telecamere nelle aule, sottolineando la necessità di tutelare i diritti fondamentali degli studenti.
La videosorveglianza come deterrente: una verità parziale
È innegabile che la sola presenza delle telecamere possa avere un effetto deterrente, scoraggiando atti di violenza o comportamenti inappropriati. Ma è questo il vero obiettivo dell’educazione scolastica? Molti psicologi evolutivi mettono in guardia contro un eccessivo affidamento a sistemi di controllo visivo. In ambito clinico e sperimentale, per esempio, si utilizzano spesso specchi unidirezionali per osservare i comportamenti dei bambini senza che questi siano consapevoli di essere osservati: proprio perché la consapevolezza della sorveglianza altera profondamente i comportamenti.
Relazione educativa sotto sorveglianza: quali conseguenze?
La questione più delicata riguarda la relazione educativa. Cosa accade quando studenti e insegnanti sanno di essere costantemente osservati e registrati? La didattica si basa sulla fiducia, sulla spontaneità, sulla costruzione di un clima relazionale in cui ognuno si senta libero di esprimersi. Inserire telecamere in aula potrebbe compromettere questo equilibrio, inibendo la partecipazione e alterando le dinamiche di gruppo. La scuola rischierebbe così di trasformarsi da luogo di crescita e confronto a spazio di controllo e sospetto.
Sicurezza sì, ma non a scapito dell’educazione
Il vicedirettore de La Tecnica della Scuola, Reginaldo Palermo, ha scritto che il vero nodo non è giuridico, ma pedagogico. La sorveglianza costante rischia di spostare il focus educativo dal dialogo e dalla responsabilizzazione degli studenti a una cultura del controllo. Come ha detto provocatoriamente Gratteri: “Una sagra della melanzana in meno, un monumento in meno, e 700 telecamere in più”. Ma forse, nel contesto scolastico, il prezzo da pagare per quella “sicurezza” rischia di essere troppo alto. Prima di installare nuove telecamere nelle aule, dovremmo chiederci che tipo di scuola vogliamo costruire: un luogo che educa alla responsabilità o uno che sorveglia e punisce?