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Taglio del cuneo fiscale: il bonus che rischia di diventare una beffa, le considerazioni di USB

Il taglio del cuneo fiscale rischia di rivelarsi una beffa per i lavoratori: bonus meno vantaggiosi, rischi fiscali e aumenti contrattuali minimi

Il taglio del cuneo fiscale, annunciato come una misura per aumentare le buste paga a partire da giugno, presenta diversi ostacoli pratici. Per chi è incluso nel sistema NoiPA, sarà il singolo dipendente a dover decidere, tramite il servizio self service della piattaforma, se usufruire subito del bonus o delle detrazioni, o sospenderli temporaneamente. Per chi invece non rientra in NoiPA, non è prevista al momento un’opzione diretta, con il rischio di ulteriori ritardi nell’applicazione della misura.

I limiti del taglio e i rischi per i redditi bassi

Il passaggio dal taglio del cuneo contributivo, calcolato sull’imponibile previdenziale, al taglio del cuneo fiscale, calcolato invece sull’imponibile fiscale, ha prodotto due effetti principali. Il primo è che il nuovo taglio risulta generalmente meno vantaggioso per chi ha un reddito inferiore ai 35.000 euro annui. Il secondo riguarda i lavoratori con ulteriori fonti di reddito: per loro, il rischio è di dover restituire parte delle somme ricevute, a causa del conguaglio fiscale in sede di dichiarazione dei redditi. La gestione individuale della scelta rischia quindi di trasformarsi in un onere burocratico e in un potenziale svantaggio economico per molti dipendenti.

Taglio del cuneo fiscale: le critiche ai sindacati e le conseguenze sul salario

Il sindacato USB Pubblico Impiego sottolinea come questa misura rappresenti il fallimento di una politica che, sostenuta anche da altre sigle firmatarie del Ccnl Funzioni centrali, ha evitato di affrontare direttamente il problema salariale. Il risultato è che l’aumento in busta paga viene affidato a meccanismi fiscali complessi e, in molti casi, svantaggiosi. Il combinato disposto di un taglio fiscale poco incisivo e di aumenti contrattuali minimi contribuisce ad aggravare l’emergenza salariale nel settore pubblico, già provato dall’aumento del costo della vita.

USB: servono aumenti reali per fronteggiare l’inflazione

Secondo l’USB, le risorse stanziate per i rinnovi contrattuali, pari a circa il 2% annuo, sono del tutto insufficienti in un contesto di inflazione galoppante. Il sindacato chiede interventi strutturali per alzare i salari adeguandoli al reale costo della vita, sottolineando che le attuali misure rischiano di trasformarsi in pura propaganda. Solo un adeguamento concreto delle retribuzioni potrà garantire ai lavoratori pubblici un recupero del potere d’acquisto.

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