La collezione Libertini, cuore del Museo di Archeologia dell’Università di Catania, entra in una nuova fase grazie a un ampio progetto di digitalizzazione e co-produzione culturale. L’iniziativa coinvolge ricercatori, studenti e professionisti delle digital humanities, con l’obiettivo di ripensare il museo come spazio accessibile, aperto, partecipativo. Non più solo luogo fisico, ma ambiente fluido e digitale, connesso al territorio e alla comunità accademica e cittadina. La crisi pandemica ha accelerato la riflessione sulla necessità di nuove forme di fruizione e valorizzazione del patrimonio archeologico, in linea con i modelli di archeologia pubblica e con le indicazioni internazionali sul ruolo sociale dei musei.
Il nucleo della collezione Libertini
Il MAUC conserva 325 reperti archeologici – ceramiche, terrecotte, epigrafi – e circa 100 monete di epoca greco-romana, provenienti dalla raccolta personale di Guido Libertini, rettore dell’Ateneo catanese nella prima metà del Novecento. A questi si aggiungono i materiali acquisiti grazie alle attività di ricerca dell’Istituto di Archeologia nel territorio etneo. Il valore storico e scientifico della collezione, unito alla ricchezza della documentazione esistente, ha reso strategico l’avvio della digitalizzazione.
Digitalizzazione e nuove forme di accesso
Il progetto nasce dall’esigenza di superare le barriere fisiche all’accesso al museo, evidenziate durante la pandemia. Attraverso la digitalizzazione e la pubblicazione in rete dei materiali, il MAUC si propone di avvicinare nuovi pubblici e favorire una fruizione partecipata. Il coinvolgimento diretto degli studenti dei corsi di Beni Culturali e Archeologia del Dipartimento di Scienze Umanistiche ha permesso di coniugare formazione, innovazione e valorizzazione del patrimonio. Tutti i dati saranno pubblicati in formato aperto (licenza CC BY-NC-SA 2.5 IT), secondo una logica di archeologia pubblica e accessibilità culturale.
Una piattaforma condivisa e partecipativa
Il portale digitale in via di realizzazione ospiterà tutti i dati raccolti e offrirà uno spazio di consultazione e riuso consapevole delle informazioni. Il modello di riferimento è quello della co-produzione culturale, in cui la comunità accademica e i cittadini diventano protagonisti attivi nella costruzione di senso attorno alle collezioni. I musei, in questa visione, sono anche presìdi sociali e civici, capaci di generare valore collettivo, oltre che scientifico.
Tecnologie, partecipazione e valorizzazione
Il progetto prevede una progressiva evoluzione tecnologica: dopo la digitalizzazione dei dati, è in programma la creazione di modelli 3D dei reperti secondo standard internazionali, e la costruzione di un’ontologia specifica (OntoMAUC), integrata con risorse esistenti come OntoCeramic ed EpiOnt. Tutte le informazioni saranno rese disponibili come linked open data, interoperabili con altre collezioni archeologiche digitalizzate. L’intero processo è orientato a promuovere l’engagement del pubblico e a integrare strategie di comunicazione, educazione e partecipazione.
Il progetto è stato curato da Nicola Laneri (responsabile scientifico), Rodolfo Brancato (curatore del museo) e Marianna Figuera (responsabile della digitalizzazione).
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