La problematica delle certificazioni facili per il personale scolastico è emersa con forza negli ultimi tempi in Italia, evidenziando il fenomeno dei diplomifici e degli attestati di formazione falsificati o ottenuti senza un reale percorso di qualità. Il termine “diplomificio” indica istituti o enti che rilasciano titoli di studio o certificazioni in modo illecito o superficiale, talvolta dietro compenso economico, per consentire a docenti e aspiranti tali di accumulare punteggi nelle graduatorie senza competenze effettive.
La ultime inchieste raccontano le innumerevoli truffe in atto riguardo le certificazioni false
Le inchieste giornalistiche, come quella condotta da Fanpage e trasmessa da Piazzapulita, hanno mostrato come fosse possibile comprare certificati linguistici e informatici e ottenere punteggi aggiuntivi nelle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS) in cambio di denaro. Di fronte a queste rivelazioni, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha ribadito l’impegno a tutelare la legalità nel sistema scolastico e la qualità dell’insegnamento.
Le certificazioni linguistiche (CLIL) tra le più falsificate
Tra le certificazioni più coinvolte in questo fenomeno figurano quelle linguistiche, le certificazioni informatiche e gli attestati per la metodologia CLIL (Content and Language Integrated Learning), spesso utilizzate dai docenti per ottenere punti in graduatoria. Si è riscontrata una proliferazione anomala di certificati di lingua inglese e di percorsi CLIL conseguiti in massa. Allo stesso modo, molte certificazioni informatiche (patente europea del computer, digital skills, ecc.) sono state ottenute in breve tempo da un alto numero di aspiranti docenti, destando sospetti sulla loro autenticità e sul reale apprendimento delle competenze dichiarate. Il rischio concreto è che tali attestati “facili” possano essere falsificati o rilasciati senza adeguata formazione, compromettendo la meritocrazia: alcuni candidati infatti hanno accumulato decine di punti curricolari pagando corsi fittizi, scavalcando colleghi con maggiore esperienza o preparazione.
Certificazioni digitali centralizzate: un’ipotesi che risolverebbe tanti problemi
Per contrastare questi abusi, si sta avanzando l’ipotesi di un rilascio centralizzato e digitale delle certificazioni di formazione, direttamente gestito dai ministeri competenti. In pratica, le attestazioni relative alla formazione del personale scolastico – come certificati di lingue straniere, competenze digitali e altri titoli professionali – verrebbero emesse attraverso una piattaforma ufficiale ministeriale invece che dai singoli enti privati. Tali certificazioni digitali rientrerebbero nel processo di digitalizzazione per garantire standard uniformi e controlli stringenti sulla loro validità. Ad esempio, è già stato stabilito che dall’anno scolastico 2024/2025 saranno valide solo le certificazioni linguistiche rilasciate dagli enti autorizzati in un elenco drasticamente ridotto (passati da 41 a 8 enti accreditati), e che per la metodologia CLIL si accettano esclusivamente titoli erogati dalle università.
Allo stesso tempo, il Ministero ha annunciato un giro di vite sul fronte delle certificazioni informatiche, con criteri di accreditamento più rigorosi e verifiche approfondite sui soggetti erogatori. Queste misure indicano quali tipologie di certificazioni sarebbero coinvolte nel processo di digitalizzazione centralizzata: in primo luogo le certificazioni linguistiche (es. attestati di inglese B2 o C1 per docenti), i corsi CLIL, le certificazioni di competenze digitali (come ECDL, EIPASS, PEKIT e la nuova certificazione CIAD per il personale ATA) e in generale tutti gli attestati rilasciati nell’ambito della formazione in servizio degli insegnanti. L’obiettivo dichiarato è includere nel sistema digitale tutti quei titoli aggiuntivi valutati ai fini concorsuali o delle graduatorie, poiché sono proprio questi ad aver alimentato il “mercato” dei punti facili.
La formazione continua del personale scolastico punterebbe alla qualità
Importante sottolineare che questo approccio non mira a sostituire la formazione continua del personale scolastico, bensì a qualificarla. Digitalizzando il rilascio delle certificazioni, i ministeri intendono rendere ogni attestato immediatamente tracciabile e verificabile, riducendo drasticamente la possibilità di presentare documenti contraffatti. Nel dibattito è emerso infatti che migliaia di certificazioni fasulle già circolano in Italia, frutto del passato lassismo. Un sistema centralizzato permetterebbe di invalidare o almeno di non riconoscere attestati non presenti nel registro ufficiale. Inoltre, focalizzando l’emissione dei titoli presso fonti controllate (Ministero, università, enti accreditati ufficialmente), si confida di “sterilizzare” il fenomeno dei diplomifici: questi ultimi verrebbero privati del loro potere, non potendo più rilasciare carte di valore legale o punteggio se non attraverso la procedura ministeriale.
Ministeri ed enti coinvolti nella digitalizzazione delle certificazioni
Il progetto di rilascio centralizzato delle certificazioni per la formazione del personale scolastico coinvolge innanzitutto il Ministero dell’Istruzione e del Merito, l’organo di governo preposto alla scuola. Questo Ministero ha assunto un ruolo guida sia nell’individuare le criticità (come la diffusione dei diplomifici e delle certificazioni facili) sia nel predisporre le misure correttive. Sotto la direzione del Ministro Valditara, il Ministero ha avviato un piano di vigilanza straordinario, collaborando con la Guardia di Finanza e gli Uffici Scolastici Regionali per effettuare ispezioni nelle scuole sospette e revocare la parità scolastica a quelle coinvolte in irregolarità. Inoltre, è stato promosso un disegno di legge ad hoc con norme anti-diplomificio, segno della volontà politica di affrontare il problema anche sul piano normativo. Nell’implementazione di un sistema di certificazione digitale, il Ministero dell’Istruzione sarebbe il perno centrale: spetterebbe ai suoi dipartimenti tecnici sviluppare la piattaforma informatica per il rilascio degli attestati e gestire la banca dati nazionale dei titoli conseguiti dai docenti e dal personale ATA. In tale contesto potrebbero essere coinvolte anche strutture tecniche come il gestore dei sistemi informativi scolastici o partner tecnologici pubblici, ma la supervisione rimarrebbe in capo al Ministero.
Il ruolo del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR)
Accanto al Ministero dell’Istruzione, un ruolo importante è svolto dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). Quest’ultimo è competente per quanto riguarda gli atenei, inclusi quelli telematici, e la formazione accademica. Non a caso, proprio su parere del MUR si è basata la decisione di limitare ai soli atenei il rilascio delle certificazioni CLIL. Inoltre, il MUR è l’ente che sovrintende al riconoscimento dei titoli di studio esteri e all’accreditamento delle università, aspetti rilevanti quando si considerano ad esempio i diplomi di specializzazione sul sostegno conseguiti fuori dall’Italia (la cui validazione dipende da questo dicastero). Nel sistema di certificazione digitale, il MUR collaborerebbe per assicurare che i percorsi formativi universitari (master, corsi di perfezionamento per docenti, etc.) siano integrati nel registro elettronico e che le università rilascino i loro attestati secondo standard compatibili con la piattaforma ministeriale.
Scuola di Alta Formazione: un valido strumento per rendere più trasparente il sistema di accreditamento
Tra gli enti tecnici interni al settore scolastico, spicca la nuova Scuola di Alta Formazione dell’istruzione, istituita nel quadro delle riforme del PNRR per innalzare la qualità della formazione in servizio degli insegnanti. Questa struttura funge da centro di coordinamento e garanzia per la formazione continua: ha il compito di definire linee guida, accreditare enti formatori e valutare l’efficacia dei percorsi formativi. Il Ministro ha esplicitamente indicato la Scuola di Alta Formazione come strumento per rendere più trasparente il sistema di accreditamento e di verifica degli enti che offrono corsi ai docenti. Dunque, nella logica del rilascio elettronico centralizzato, la Scuola di Alta Formazione potrebbe avere il ruolo di validare i contenuti e la qualità dei corsi prima che il relativo attestato venga emesso digitalmente a livello ministeriale. In altre parole, garantirebbe che dietro ogni certificato caricato nel sistema vi sia un percorso formativo serio e allineato agli standard nazionali.
Il ruolo di Accredia
Un ulteriore attore chiave è l’ente unico nazionale di accreditamento, Accredia. Pur non essendo un organo ministeriale, Accredia opera su designazione del Governo per accreditare gli organismi di certificazione secondo norme ISO internazionali. Nel dibattito, alcuni esperti hanno proposto di utilizzare maggiormente questo canale: le certificazioni “sotto accreditamento” infatti offrono garanzie di qualità e trasparenza. Gli enti certificatori accreditati da Accredia sono sottoposti a vigilanza e, soprattutto, ogni certificato emesso viene registrato in un database pubblico (registro Accredia) accessibile a tutti. Ciò consente, ad esempio, a una scuola che deve valutare il punteggio di un docente, di verificare con facilità online se un determinato attestato esiste ed è valido. Integrare Accredia nel sistema vorrebbe dire far sì che solo gli enti formativi accreditati possano inserire certificati nel portale ministeriale, creando un doppio livello di controllo (da un lato l’accreditamento formale dell’ente, dall’altro la gestione tecnica del certificato digitale da parte del Ministero). Questa sinergia tra Ministero e Accredia è vista come un possibile modello per eliminare i cosiddetti “certificati-ficio” senza rinunciare al contributo di soggetti terzi qualificati.
Le Certificazioni digitali centralizzate e le agevolazioni per gli ispettori
Infine, sul fronte dei controlli e delle sanzioni intervengono le autorità preposte alla legalità. Abbiamo citato la Guardia di Finanza, che già collabora nell’individuare scuole e corsi sospetti, e va menzionato il ruolo della magistratura: il Ministero ha dato mandato di presentare esposti alle Procure qualora emergano reati, con l’intento di perseguire penalmente le frodi in ambito formativo. In prospettiva, un sistema informatico centralizzato agevolerebbe anche il lavoro ispettivo: attraverso la piattaforma, il Ministero potrebbe monitorare in tempo reale quante certificazioni vengono rilasciate da ogni ente e segnalare anomalie (ad esempio un numero di attestati anormalmente alto in poco tempo). In sintesi, il modello delineato vede un concerto di attori: i ministeri competenti definiscono le regole e gestiscono l’infrastruttura digitale; gli enti di formazione (università, enti accreditati) erogano i corsi e si attengono a verifiche rigorose; organi come la Scuola di Alta Formazione e Accredia assicurano la qualità e la tracciabilità; forze dell’ordine e magistratura reprimono eventuali illeciti. Ciascuno svolge il proprio ruolo in un disegno comune rivolto a restituire credibilità alle certificazioni del personale scolastico.
Come funzionerebbe il sistema di rilascio elettronico centralizzato delle certificazioni
L’ipotesi di un sistema centralizzato impone di definire nel dettaglio come avverrà il rilascio elettronico delle certificazioni. In sintesi, il meccanismo prevede che la generazione dell’attestato passi attraverso un processo informatico ministeriale, riducendo al minimo gli interventi manuali o cartacei. Analogamente a quanto già introdotto per altri ambiti – ad esempio nelle iscrizioni online degli studenti, dove le scuole possono recuperare direttamente dai database ministeriali i certificati di studio senza chiederli alle famiglie – anche per i titoli del personale scolastico si punta a eliminare la necessità di presentare documenti fisici. Di seguito, uno scenario plausibile di funzionamento del sistema di certificazione digitale:
- Formazione ed esame – Il docente (o aspirante tale) partecipa a un corso di formazione riconosciuto oppure sostiene un esame per conseguire una certa certificazione (linguistica, informatica, ecc.). L’ente formatore autorizzato – che sia un’università, un organismo accreditato dal Ministero o la stessa piattaforma ministeriale – registra l’esito positivo del percorso (ad esempio, il superamento dell’esame finale).
- Validazione ministeriale – L’ente che ha erogato la formazione trasmette attraverso la piattaforma dedicata i dati necessari all’emissione dell’attestato: generalità dell’interessato, tipologia di certificazione, livello conseguito, data, etc. Il sistema informatico centrale verifica che l’ente sia autorizzato e che i dati siano congruenti con i requisiti. Superati i controlli, il Ministero procede a validare la richiesta.
- Emissione digitale dell’attestato – A questo punto viene generato l’attestato in formato digitale. Tecnicamente può trattarsi di un documento PDF dotato di firma digitale apposta dal Ministero oppure di una credenziale in formato strutturato (ad esempio conforme agli standard europei delle European Digital Credentials). La firma elettronica qualificata garantisce l’autenticità e l’integrità del certificato, attestando che è stato emesso dall’autorità competente e che non ha subito modifiche. Ogni certificazione digitale riporta inoltre un codice univoco (e spesso un QR code) che consente la verifica immediata online.
- Consegna e archiviazione – L’attestato digitale viene messo a disposizione dell’utente e contestualmente archiviato nel database centrale. Il docente potrà scaricarlo dalla propria area riservata (accessibile tramite autenticazione SPID o credenziali ministeriali) e condividerlo quando necessario. In parallelo, l’informazione che il docente possiede quella certificazione entra a far parte del suo fascicolo elettronico personale, consultabile dalle amministrazioni scolastiche. Ad esempio, un insegnante potrà indicare il riferimento al proprio attestato direttamente nella domanda di inserimento in graduatoria, senza dover allegare materialmente alcun documento: la scuola o l’ufficio competente potranno verificare nel sistema la presenza di quel titolo a suo nome.
- Verifica e utilizzo – Chiunque debba controllare la validità della certificazione (dirigenti scolastici, commissioni di concorso, eventuali datori di lavoro in ambito extra-scolastico) può effettuare una verifica digitale. Ciò può avvenire in due modi: accedendo al portale ministeriale e cercando il nominativo dell’interessato o inserendo il codice identificativo del certificato per ottenerne conferma; oppure utilizzando il QR code presente sul documento, che rimanda a una pagina web istituzionale contenente i dati essenziali (titolo, ente emittente, data, esito). In tal modo l’ente verifica in tempo reale l’autenticità dell’attestato e la corrispondenza con la persona che lo presenta. L’intero processo avviene nel rispetto della privacy – i dati sono visibili solo a soggetti autorizzati – ma garantisce la massima trasparenza sull’origine di ogni qualificazione.
La Commissione UE ha già predisposto un’infrastruttura per le credenziali digitali di apprendimento
Un sistema simile è già allo studio a livello europeo: la Commissione UE ha predisposto un’infrastruttura per le credenziali digitali di apprendimento, dove le istituzioni possono inviare i certificati direttamente in un “wallet” elettronico del cittadino, che funge da portafoglio personale delle qualifiche. In questo modello, il titolare può condividere le proprie certificazioni digitali con terzi (ad esempio per ragioni di lavoro o studio) e chi le riceve ne ottiene immediata verifica di validità e firma grazie al sigillo elettronico d’origine. L’Italia potrebbe ispirarsi a queste soluzioni: ogni docente disporrebbe di un proprio archivio digitale di attestati, sempre accessibile e aggiornabile, integrato magari con il profilo Europass per facilitarne il riconoscimento anche all’estero. Dal punto di vista tecnologico, la sicurezza sarebbe un elemento cardine: le credenziali digitali, a differenza di un PDF scansionato o di una copia cartacea, nascono già protette da algoritmi crittografici, risultando intrinsecamente anti-contraffazione. In prospettiva, si discute anche dell’uso di tecnologie blockchain per registrare i titoli in modo distribuito e immodificabile, rendendo virtualmente impossibile alterare o falsificare un certificato dopo la sua emissione. Qualunque sia la tecnologia impiegata, il principio è che il valore legale dell’attestato risiede nella firma digitale e nel registro informatico che lo custodisce: questo rende superfluo qualsiasi timbro o verifica analogica.
La fase di transizione per il rilascio degli attestati digitali, partendo da quelli cartacei
L’introduzione del rilascio elettronico comporterebbe inevitabilmente una fase di transizione: potrebbe essere necessario convertire o riemettere in formato digitale alcune certificazioni pregresse, specialmente quelle che resteranno valide negli anni a venire. Le piattaforme ministeriali potrebbero prevedere una sezione per il caricamento controllato degli attestati cartacei già posseduti dai docenti (rilasciati prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema), in modo da farli confluire nel fascicolo elettronico previa verifica della loro autenticità. In alternativa, si potrebbe stabilire che solo le certificazioni acquisite dopo una certa data saranno esclusivamente digitali, mantenendo un doppio regime per un periodo di transizione limitato. In ogni caso, il passaggio al nuovo sistema richiederà comunicazione e formazione: docenti e personale amministrativo dovranno prendere confidenza con i nuovi strumenti, così come gli enti erogatori di corsi dovranno adeguare le loro procedure per interfacciarsi con la piattaforma ministeriale. Superata questa fase iniziale, il funzionamento a regime promette una forte semplificazione (meno documenti da gestire manualmente) e soprattutto un balzo in avanti in termini di affidabilità: una certificazione digitale centralizzata è, per sua natura, verificabile con certezza e difficilmente falsificabile, elementi essenziali per ristabilire fiducia nel sistema di valorizzazione delle competenze del personale scolastico.
Vantaggi attesi, criticità emerse e paragone con altri Paesi
L’adozione di un sistema di certificazione digitale centralizzato porta con sé numerosi vantaggi. Il beneficio più evidente è la garanzia di autenticità: un attestato digitale firmato elettronicamente dal Ministero non è falsificabile con mezzi tradizionali, poiché ogni eventuale tentativo di alterazione verrebbe rilevato dai controlli crittografici. Ciò stronca all’origine il problema dei documenti contraffatti, tutelando il principio del merito. Un altro vantaggio è la trasparenza: i titoli diventano facilmente verificabili da chiunque ne abbia necessità, senza lunghe trafile burocratiche. Ad esempio, una scuola che deve valutare il curriculum di un docente potrà controllare in pochi secondi i suoi certificati nel database ministeriale, anziché chiedere copie autenticate o doversi fidare di autocertificazioni. Anche la gestione amministrativa risulta semplificata: niente più pile di attestati cartacei da archiviare, autenticare e spedire; tutto è a portata di clic. Questo comporta un risparmio di tempo e risorse per le segreterie e per gli stessi docenti, oltre a ridurre il rischio di smarrimento dei documenti. Va sottolineato poi l’aspetto del controllo centralizzato: il Ministero, avendo visibilità su tutte le certificazioni emesse, può monitorare in modo proattivo il sistema formativo, individuando abusi o anomalie (come un ente che rilasci un numero sospetto di attestati in un breve periodo). Dal punto di vista della valorizzazione professionale, un archivio digitale nazionale delle competenze contribuirebbe anche a una migliore pianificazione dei percorsi formativi: i decisori avrebbero dati più completi su quali skill aggiuntive stanno acquisendo gli insegnanti e potrebbero intervenire in modo mirato sull’offerta di aggiornamento. Infine, l’interoperabilità e il riconoscimento oltre confine rappresentano un ulteriore plus: un certificato digitale standardizzato può essere letto dai sistemi informatici e dalle banche dati di altri enti in maniera automatica, senza bisogno di traduzioni o verifiche aggiuntive. Se il formato adottato dall’Italia sarà allineato a quello europeo (come auspicabile), le qualifiche dei docenti italiani risulteranno immediatamente comprensibili e verificabili anche all’estero, facilitando la mobilità professionale.
Gli esempi delle certificazioni centralizzate in altri Paesi
Già oggi le certificazioni accreditate a livello internazionale godono di mutuo riconoscimento automatico tra gli organismi nazionali dei vari Paesi; un sistema pubblico digitale potrebbe estendere questa affidabilità a tutti i titoli emessi. In sintesi, i vantaggi attesi vanno dalla lotta efficace ai diplomifici (che vedrebbero ridursi drasticamente il loro raggio d’azione), a una maggiore equità nell’attribuzione dei punteggi, fino a un’amministrazione scolastica più moderna ed efficiente, in linea con gli obiettivi di digitalizzazione del PNRR.
D’altra parte, non mancano le criticità e i dubbi sollevati dagli addetti ai lavori. Una prima sfida è tecnica e organizzativa: implementare una piattaforma nazionale robusta richiede investimenti, competenze informatiche e una gestione del cambiamento significativa. Bisogna integrare nel nuovo sistema una molteplicità di soggetti (università, enti di formazione, scuole) con livelli di digitalizzazione molto eterogenei; serviranno quindi un forte coordinamento e soluzioni graduali. Anche la fase di transizione presenta incognite: come gestire i certificati già rilasciati in passato? Se non confluiscono nel database digitale, si creerebbe un doppio binario tra “vecchi” attestati su carta e “nuovi” attestati elettronici, con possibile confusione. Occorre dunque una strategia chiara (come campagne di conversione dei titoli pregressi o finestre temporali in cui valgano entrambi i formati). Sul piano giuridico, andranno inoltre aggiornate le normative per equiparare pienamente il documento digitale a quello cartaceo in ogni contesto (aspetto per fortuna già in larga parte garantito dal Codice dell’Amministrazione Digitale in Italia).
L’aspetto della sicurezza informatica
Un altro punto critico riguarda la sicurezza informatica: concentrare tutti i dati sulle certificazioni in un’unica piattaforma la rende un bersaglio appetibile per hacker o per tentativi di manipolazione. Sarà fondamentale adottare misure di cybersecurity avanzate, backup frequenti e sistemi di disaster recovery, così che un malfunzionamento non comprometta archivi così delicati. Vi è poi il rischio di eccessiva centralizzazione: alcuni temono che affidare tutto al Ministero possa rallentare i processi (se, ad esempio, la burocrazia interna impiegasse troppo tempo a validare le richieste) o penalizzare la diversità formativa. I docenti, dal canto loro, potrebbero avere meno scelta di corsi se solo pochi enti saranno autorizzati, e vedersi costretti a rivolgersi a canali ufficiali con offerta limitata o costi maggiori. Di contro, i sostenitori replicano che i corsi veramente validi continueranno ad esistere, semplicemente sotto maggiore controllo. In ogni caso, il dibattito tocca anche la questione delle storture pregresse: la digitalizzazione risolve il problema per il futuro, ma che fare delle migliaia di certificati sospetti già circolanti? Alcuni sindacati e osservatori invocano verifiche straordinarie sulle competenze reali di chi ha ottenuto punti con titoli facili, ma ciò è complesso da attuare e aprirebbe potenzialmente contenziosi. Un suggerimento emerso è di intervenire direttamente sul sistema di punteggi: ad esempio, riducendo il peso attribuito a queste certificazioni o modulandolo in base alla durata/serietà del corso, così da disincentivare il ricorso a scorciatoie formative. Ogni criticità dovrà essere attentamente gestita per evitare che un progetto nato per assicurare qualità e legalità finisca per introdurre nuove disparità o inefficienze.
L’Estonia e il sistema nazionale (EHIS)
Guardando al confronto con l’Europa, si nota che l’Italia non è isolata in questo percorso, ma anzi molte nazioni stanno evolvendo verso soluzioni analoghe. In diversi Paesi europei il fenomeno dei diplomifici in ambito scolastico è meno pronunciato perché la formazione dei docenti segue strade differenti: ad esempio, in Francia l’avanzamento di carriera avviene principalmente tramite concorsi pubblici e formazione interna, riducendo l’importanza di certificazioni aggiuntive; in Germania l’abilitazione all’insegnamento è legata a rigorosi tirocini statali e a esami pubblici, lasciando poco spazio a titoli extra per scalare graduatorie. Ciò non toglie che la necessità di certificare competenze in modo sicuro sia sentita ovunque. Alcuni Stati sono all’avanguardia nella digitalizzazione dei titoli: l’Estonia, ad esempio, da anni utilizza un sistema nazionale (EHIS) che raccoglie i dati di scuole, docenti e diplomi, consentendo ai cittadini di condividere elettronicamente i propri attestati con università o datori di lavoro. In quel contesto, iscriversi a un ateneo o candidarsi a un impiego non richiede di presentare copie dei diplomi: basta autorizzare l’accesso al proprio profilo digitale, con un evidente risparmio di tempo e una fiducia totale nell’autenticità delle informazioni.
Nei Paesi Bassi è presente il Registro Nazionale dei Diplomi
Anche i Paesi Bassi hanno introdotto un Registro Nazionale dei Diplomi, dove i laureati possono scaricare certificati ufficiali dei propri titoli, già firmati digitalmente dall’autorità educativa, pronti per essere verificati ovunque. Questi esempi dimostrano che un ecosistema di certificazioni digitali può funzionare con successo. L’Italia condivide l’obiettivo europeo di modernizzare la gestione dei titoli di studio e delle qualifiche professionali: il progetto di digitalizzazione delle certificazioni dei docenti si inserisce infatti nel quadro del Mercato Unico Digitale e delle raccomandazioni UE sul reciproco riconoscimento delle qualifiche. Se realizzato compiutamente, il sistema italiano potrebbe diventare un modello di riferimento e contribuire a sua volta alla definizione di standard internazionali. In definitiva, centralizzare e digitalizzare il rilascio delle certificazioni nella scuola non è soltanto una riforma burocratica interna, ma un passo avanti verso un’istruzione più meritocratica, trasparente e connessa allo spazio formativo europeo.
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