Docenti del Sud costretti a convivere a Milano: 'Così si sopravvive'
Tre docenti meridionali convivono a Milano per sopravvivere. La loro storia accende il dibattito sulle difficoltà abitative e sul precariato dei docenti


Francesca, Paola e Nicoletta, tre insegnanti di sostegno originarie del Sud Italia, condividono casa a Milano per far fronte al costo della vita. La loro vicenda, simbolo di una migrazione interna forzata, ha acceso un dibattito sulle gravi contraddizioni del sistema scolastico italiano e sulle difficoltà economiche dei docenti precari.
La storia di tre docenti meridionali a Milano
Francesca da Reggio Calabria, Paola da Lipari e Nicoletta da Vibo Valentia hanno lasciato il Sud per insegnare a Milano. Amiche dai tempi dell’università a Messina, oggi condividono un appartamento nei pressi della Bocconi, scelta obbligata per contenere le spese. “Il primo anno vivevamo in case separate, ma era insostenibile”, racconta Francesca. Dal 2019 hanno deciso di convivere per sopravvivere economicamente. Durante il lockdown, hanno formato un piccolo nucleo familiare e si sono anche prese cura di un senzatetto rifugiatosi sotto casa. La loro esperienza evidenzia la precarietà della vita dei docenti, soprattutto quando trasferiti lontano dalla propria terra.
Un grido collettivo: “Nessuno ci ascolta”
La storia ha suscitato una valanga di reazioni da parte di altri insegnanti, molti dei quali si riconoscono nel racconto delle tre colleghe. “Un urlo nel vuoto, nessun politico ci ascolta”, scrive un utente, esprimendo rabbia per la mancanza di stabilizzazione e per stipendi fermi da anni. Il malessere del corpo docente è condiviso: si parla di fuga dei giovani, bassa natalità e sfiducia verso lo Stato. C’è chi ha rinunciato al sogno dell’assunzione pur di restare nella propria città e chi paragona la situazione attuale alla migrazione del dopoguerra. “Nulla è cambiato”, afferma un docente pugliese, riferendosi ai trasferimenti forzati da Sud a Nord.
Docenti: stipendi bassi e case introvabili
Molti insegnanti denunciano che gli stipendi non bastano per vivere dignitosamente nelle grandi città. “Con 1500 euro non paghi nemmeno un monolocale”, lamentano. Le cattedre assegnate a chilometri di distanza, con graduatorie ritenute disordinate, spingono i docenti a spostarsi in massa, creando uno squilibrio paradossale: i docenti del Nord si ritrovano al Sud e viceversa. Alcuni commentatori suggeriscono modelli stranieri: edilizia pubblica riservata ai lavoratori, alloggi calmierati, o una revisione delle politiche di assegnazione. Intanto i bed & breakfast crescono ovunque, riducendo le disponibilità abitative per chi lavora stabilmente in città.
Il dibattito sulle soluzioni e i confronti con l’estero
Non mancano le voci che propongono soluzioni alternative: trasferirsi fuori città, fare i pendolari, accettare temporaneamente i disagi. Tuttavia, molti ritengono che serva un confronto a livello europeo: “Confrontiamo stipendi e condizioni dei docenti nei Paesi dell’eurozona”, chiede un utente. La questione è culturale e politica: l’Italia investe poco nella scuola e lascia soli gli insegnanti, specie quelli precari e lontani da casa. In questo scenario, la scelta di Francesca, Paola e Nicoletta non è una semplice convivenza, ma un atto di resistenza quotidiana contro un sistema che sembra ignorare chi lo tiene in piedi.