Esonero contributivo madri lavoratrici: la Consulta decide sul rischio discriminazione
La Corte Costituzionale valuta l'esonero contributivo per le madri lavoratrici. La norma esclude precarie e domestiche: si tratta di discriminazione?


L'esonero contributivo per le madri lavoratrici, introdotto dalla Legge di Bilancio 2024, è al centro di un importante dibattito costituzionale. La misura, pensata per sostenere la natalità e l'occupazione femminile, presenta criteri di accesso che escludono alcune categorie di lavoratrici, sollevando dubbi sulla sua conformità ai principi fondamentali di uguaglianza. La Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi sulla questione, in una seduta che potrebbe avere un impatto significativo sui diritti delle donne nel mondo del lavoro e sulle future politiche di welfare familiare in Italia. La decisione dei giudici determinerà se la norma rappresenta una tutela mirata o una forma di discriminazione ingiustificata.
I criteri di accesso all'esonero contributivo madri lavoratrici (bonus mamme)
La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto un beneficio significativo per le madri lavoratrici, prevedendo un esonero contributivo totale sui contributi previdenziali a loro carico. La misura è destinata alle madri di tre o più figli e, in via sperimentale per il 2024, anche a quelle con due figli. Tuttavia, il requisito fondamentale è essere titolari di un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, escludendo di fatto una vasta platea di beneficiarie potenziali che non rientrano in questa specifica tipologia contrattuale.
Il dubbio di incostituzionalità sollevato dal Tribunale
Il Tribunale di Milano, investito di un ricorso, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, ritenendo che la norma possa violare l'articolo 3 della Costituzione. Il fulcro del ragionamento risiede nel principio di uguaglianza, poiché la tipologia contrattuale diventa un elemento discriminante. Lavoratrici che si trovano nella medesima condizione di madri e contribuenti vengono trattate in modo diverso unicamente per la natura del loro rapporto di lavoro, generando una potenziale discriminazione indiretta.
Lavoratrici precarie e domestiche nel mirino
Ad essere penalizzate sono soprattutto le lavoratrici con contratto a tempo determinato e quelle impiegate nel settore del lavoro domestico. Queste categorie rappresentano una porzione rilevante del mercato del lavoro femminile, spesso caratterizzata da maggiore precarietà e instabilità economica. Le lavoratrici escluse, pur condividendo le stesse necessità di sostegno delle colleghe a tempo indeterminato, non possono accedere a un aiuto pensato proprio per conciliare maternità e occupazione, acuendo le disuguaglianze.
L'attesa per la decisione della Consulta sull'esonero contributivo
L'udienza presso la Corte Costituzionale vedrà contrapposte le argomentazioni delle associazioni ricorrenti e la difesa dell'INPS e dello Stato, i quali sostengono la logica della misura. L'esito del giudizio è cruciale per il futuro del welfare familiare e dei diritti delle lavoratrici in Italia. Una sentenza di incostituzionalità potrebbe obbligare il legislatore a estendere la platea delle beneficiarie, rendendo la misura più equa e inclusiva, o a rimodulare l'intero impianto normativo di sostegno alla maternità.