Rapporto AlmaLaurea 2025: cresce l’università, ma resta il disallineamento col lavoro

AlmaLaurea 2025: più studenti e più occupati, ma il mismatch tra studi e lavoro persiste. Età alla laurea più alta e ancora bassa presenza nelle STEM

11 giugno 2025 08:56
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Il XXVII Rapporto AlmaLaurea fotografa il cambiamento del sistema universitario italiano: più iscritti, più esperienze all’estero e tirocini, ma anche aumento dell’età alla laurea e permanenza del mismatch tra titolo di studio e occupazione. Un quadro utile per docenti e orientatori, alle prese con sfide vecchie e nuove

AlmaLaurea: più studenti all’università, ma l’età alla laurea si alza

Il Rapporto AlmaLaurea 2025 evidenzia un aumento dell’accesso agli studi universitari, con una ripresa delle esperienze Erasmus (10,3%) e dei tirocini curriculari (61%) rispetto agli anni della pandemia. Cresce anche la fruizione di borse di studio (27,8%), grazie a interventi normativi più inclusivi. Tuttavia, l’età media alla laurea si alza a 25,8 anni, e solo il 58,7% conclude gli studi nei tempi previsti. La condizione socio-culturale influenza ancora fortemente la carriera accademica, con maggiore mobilità internazionale tra i figli di laureati. La presenza femminile resta dominante (59,9%), ma le donne restano marginali nelle discipline STEM (41,1%).

I dati AlmaLaurea certificano un'occupazione in crescita, più contratti stabili

Il tasso di occupazione a un anno dalla laurea sale al 78,6%, il valore più alto dell’ultimo decennio, stabile anche a cinque anni (oltre il 90%). Aumentano i contratti a tempo indeterminato, che raggiungono il 39,5% per i laureati triennali e il 29,8% per i magistrali a un anno dal titolo, superando il 50% a cinque anni. La provenienza scolastica vede ancora una netta prevalenza dei diplomati liceali (73%), in particolare scientifici, linguistici e classici, mentre i diplomati tecnici sono il 19,7% e i professionali solo il 3,3%. Si registra una timida ripresa dei percorsi non liceali dal 2018.

Il nodo del mismatch tra formazione e lavoro

Nonostante il quadro occupazionale positivo, resta critico il fenomeno del mismatch: oltre il 30% dei laureati lavora in settori non coerenti con il proprio percorso di studi o senza necessità del titolo. Questo disallineamento colpisce in particolare i laureati in discipline umanistiche, psicologiche, artistiche e politiche. Si riscontra una minore disponibilità ad accettare lavori sottopagati o incoerenti, ma anche una maggiore difficoltà a trovare occupazione per chi seleziona solo offerte altamente retribuite o “culturali”. Il rischio è di restare fuori dal mercato del lavoro, specie nei primi anni post-laurea.

Fuga all’estero e scarsa propensione al rientro

Crescono le retribuzioni nette in Italia, ma rimangono inferiori rispetto all’estero, dove i laureati cercano migliori opportunità e mostrano scarsa propensione a rientrare. Il Rapporto evidenzia la necessità di una strategia di orientamento più consapevole, che parta dalla scuola e prosegua nel post-diploma, aiutando gli studenti a ridurre i rischi di disallineamento e valorizzare le competenze in un mercato del lavoro in rapido cambiamento. La collaborazione tra scuola, università e mondo produttivo è centrale per affrontare questa sfida.