Scuola Lavoro e Libertà: 'Basta accanirsi sui docenti precari'
Scuola Lavoro e Libertà denuncia l'esclusione dei docenti precari dalle graduatorie regionali e chiede tutele reali e rispetto della legge
Il movimento Scuola Lavoro e Libertà contesta duramente la bozza dei decreti ministeriali. L'esclusione dai nuovi elenchi regionali rappresenta l'ennesimo attacco ai docenti precari storici, ignorando i principi della Costituzione e il servizio svolto da anni con sacrificio.
Scuola Lavoro e Libertà: 'Basta accanirsi sui precari'
I docenti del movimento Scuola Lavoro e Libertà, avendo acquisito a mezzo stampa le dichiarazioni rese da alcuni esponenti sindacali, relative alla bozza dei decreti ministeriali attraverso i quali verrà regolamentato l’inserimento nelle graduatorie regionali previste dal Decreto Scuola (Legge n. 79/2025), prendono atto che, ancora una volta, si stia perpetrando, da parte dello Stato, l’ennesima azione di violenza psicologica verso i docenti precari storici e di sprezzo nei confronti del lavoro che essi portano avanti da anni nelle scuole, in barba ai principi fondamentali della nostra Costituzione che fondano la Repubblica proprio sul concetto di lavoro.
Sembrerebbe infatti, da quanto filtrato sul contenuto dell’informativa, ma anche da dichiarazioni rese ai giornali da qualche sindacato ancora prima che si tenesse l’incontro ufficiale sulla bozza sei decreti, che il Ministero sia proprio intenzionato ad escludere dagli elenchi regionali, non solo i precari storici in generale ma, in particolare i partecipanti ai concorsi straordinari.
Cioè, ancora una volta, nella previsione di effettuare il ripescaggio dei ripescaggi finalizzato alle future immissioni in ruolo, si pensa di escludere da tutto il discorso, indovinate chi? Ma naturalmente proprio i precari! Ma quelli veri però: quelli che hanno un decennio o più di servizio alle spalle; quelli che si sono prestati a partecipare a uno o più concorsi straordinari, superando magari anche qualche concorso ordinario; quelli per il cui sfruttamento il nostro Paese è stato deferito alla Corte di Giustizia Europea per abuso di contratti a termine; quelli che sono stati esclusi dai primi percorsi abilitanti, dando magari la precedenza esclusiva ad aspiranti insegnanti che non avevano mai lavorato ma erano stati bravi nella corsa ai titoli; quelli che alla fine hanno tirato la cinghia, a loro e alla loro famiglia, per farsi attestare a caro prezzo un’abilitazione che nei fatti già avevano; quelli che non erano considerati idonei a un concorso pur avendo preso il massimo del punteggio mentre, nello stesso concorso, altri aspiranti venivano immessi in ruolo con punteggi a una sola cifra.
Ora, al di là dell’inutilità di queste graduatorie regionali, che costringerebbero i docenti inseriti a file chilometriche, spesso infinite, nella speranza di ottenere il ruolo ad età pensionabile, può essere mai giusto, in linea di principio, escludere proprio chi in quest’ultimo decennio, o anche da prima, ha permesso alla Scuola di rimanere in piedi?
Ma poi il MIM, che per sostenere l’irrevocabilità di questa decisione si sarebbe appellato all’assenza di una previsione normativa che permetta l’inserimento nelle suddette graduatorie dei partecipanti ai concorsi straordinari, potrebbe istruirci, invece, su quale sarebbe la previsione normativa che ne prevederebbe l’esclusione?
La Legge n. 79/2025, all’art.2 comma 3-ter, lì dove vengono elencati i requisiti che dovranno essere posseduti dai candidati per essere inseriti nelle graduatorie regionali che la stessa legge istituisce, riguardo i concorsi a cui si richiede di aver partecipato, recita chiaramente: “concorso bandito a decorrere dal 2020 per posti di tipo comune e di sostegno nella scuola dell'infanzia, primaria e secondaria”.
Come risulta fin troppo chiaro anche ai non addetti ai lavori, il comma specifico della legge che norma la formazione delle graduatorie non fa alcun riferimento ad una ipotetica differenziazione fra concorso ordinario e concorso straordinario, ma parla genericamente di concorso bandito dal 2020 in poi.
Ancora una volta, la politica presente nelle istituzioni cerca pretesti per evitare di regolarizzare i lavoratori statali, ad oggi “solo precari”, tuttavia sempre dipendenti statali. Lo Stato ha il dovere di stabilizzare non solo chi ha partecipato ai concorsi straordinari ed è stato discriminato, diversamente da come la Costituzione prevede, ma, in generale, tutti i precari storici che in questi anni sono stati sfruttati ed umiliati attraverso una serie di raggiri utili al tornaconto politico ed economico di qualcuno e sprezzanti verso la dignità dei lavoratori e della stabilità delle loro famiglie.
È ora di smetterla di considerare la politica come uno strumento per centrare obbiettivi personali e di partito! Il fine di un politico deve essere quello di perseguire il bene di chi lo ha delegato, e la politica deve essere al servizio di tutti i cittadini, nel rispetto delle leggi e dei ruoli istituzionali ricoperti, e non solo di quelle persone o quei gruppi che possono tornare utili a fini di consenso. La politica è una missione e un impegno disinteressato per il miglioramento della società, e non un sistema per rimanere a galla fine a sé stesso e al tornaconto di qualcuno.
Si pensi pertanto a un doppio canale vero e non alle solite soluzioni da incantatori di serpenti che già conosciamo bene e di cui già si sente il suono acre del piffero.
Invitiamo inoltre tutte le sigle sindacali ad onorare il proprio ruolo di tutela dei diritti dei lavoratori nei fatti e non nelle sole parole, perché queste ultime finora, andando nel concreto, sono rimaste solo tali, mentre i diritti, intanto, si sono trasformati in ricordi.
Scuola Lavoro e Libertà