Va in pensione il preside dei quartieri difficili di Palermo: 'Scuola burocratizzata, ragazzi sempre più fragili'

Dopo 40 anni nella scuola, il preside Di Fatta va in pensione: denuncia troppa burocrazia e chiede psicologi stabili per studenti sempre più fragili

21 giugno 2025 18:29
Va in pensione il preside dei quartieri difficili di Palermo: 'Scuola burocratizzata, ragazzi sempre più fragili' - ATA
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Dopo quarant’anni di carriera, il dirigente scolastico Domenico Di Fatta si congeda dalla scuola. Ha lavorato a Palermo nei quartieri più difficili, come Zen 2 e Brancaccio. Ricorda le sfide affrontate e denuncia una scuola oggi troppo burocratica e studenti fragili che avrebbero bisogno di uno psicologo fisso in ogni istituto

Una vita tra le scuole difficili di Palermo

Domenico Di Fatta, dirigente scolastico da diciotto anni, ha trascorso l'intera carriera a Palermo, lavorando in contesti complessi come Brancaccio e lo Zen 2, quartieri a rischio sociale ed economico. Dopo quarant’anni nella scuola, si prepara alla pensione, concludendo il suo percorso professionale proprio durante gli esami di maturità. Ricorda i passi avanti compiuti in termini di legalità e memoria: “Quando fu ucciso don Pino Puglisi, c’era persino timore a pronunciare la parola mafia. Oggi, invece, è motivo di gioia vedere tracce di esame dedicate a figure come Paolo Borsellino: ricordare è fondamentale per chi non ha vissuto il 1992”.

Le soddisfazioni che vengono dagli studenti a scuola

In anni di lavoro in zone ad alta dispersione scolastica, Di Fatta non ha mai perso la fiducia nei giovani: “Qualche giorno fa un infermiere mi ha riconosciuto: era un mio ex alunno allo Zen”. Sono momenti che valgono più di tanti riconoscimenti istituzionali. Secondo lui, anche nei quartieri più difficili ci sono studenti che lottano per riscattarsi. “Certo, qualcuno si perde, ma tanti si impegnano per cambiare le cose. E vederli riuscirci è una soddisfazione enorme”.

La fragilità crescente dei giovani

Oggi la scuola si confronta con una generazione più fragile. “I ragazzi si abbattono subito. Alla prima difficoltà crollano”, denuncia il dirigente, sottolineando come nelle sue scuole vi siano tre psicologi, ma non bastano a coprire i bisogni emotivi degli studenti. La sua proposta è chiara: “serve uno psicologo stabile in ogni scuola”, perché il disagio adolescenziale è ormai una costante, aggravata anche dalla pandemia e dal crescente isolamento sociale.

Una scuola prigioniera della burocrazia

Oltre ai cambiamenti nei giovani, è la scuola stessa ad essere cambiata. “Dopo il Covid è diventata una macchina burocratica. Siamo più amministratori che educatori”, afferma. Anche per i docenti, il carico di adempimenti è aumentato: “La carta ha preso il sopravvento sulla relazione educativa”. Un sistema che rischia di allontanare la scuola dalla sua vera missione, quella di formare cittadini consapevoli e liberi. Di Fatta saluta con amarezza, ma anche con la consapevolezza di aver lasciato un segno nei percorsi di molti studenti.