Andreoli sul bullismo: 'Non è colpa di genitori e prof, serve educazione emotiva'
Andreoli: bullismo non è colpa di genitori o prof. Il problema è la fragilità emotiva dei giovani e l’isolamento tecnologico. Serve educazione affettiva.


Al Salone del Libro di Torino, lo psichiatra Vittorino Andreoli smonta la narrazione che attribuisce la colpa del bullismo a genitori e insegnanti. Secondo lui, il vero problema risiede nella disconnessione emotiva dei ragazzi, aggravata dalla tecnologia. La scuola, sostiene, deve diventare spazio attivo di educazione affettiva e relazionale.
'Basta colpevoli, serve comprensione del disagio giovanile'
Durante un’intervista al Salone del Libro di Torino, Vittorino Andreoli ha criticato l’abitudine di attribuire le responsabilità del bullismo a genitori e insegnanti. Secondo il noto psichiatra, è scorretto pensare che dietro ogni atto di violenza giovanile ci sia una madre assente o un professore severo: «Ormai la colpa è sempre della famiglia o del docente che ha dato 5», ha osservato. Per Andreoli, il vero nodo è la rottura tra i giovani e la realtà che li circonda, favorita dalla fragilità emotiva e dall’uso smodato delle tecnologie, che sostituiscono le relazioni autentiche e creano isolamento.
La scuola come presidio emotivo, non solo didattico, la rabbia si esprime attraverso il bullismo
Andreoli propone una lettura profonda del disagio giovanile: i ragazzi vivono in una condizione di frustrazione, confusi tra bene e male, incapaci di distinguere ruoli e limiti. In questo contesto, la scuola dovrebbe diventare il primo spazio di educazione alle emozioni, non solo alla conoscenza. Tuttavia, il sistema scolastico, secondo lo psichiatra, fatica a intervenire sulle fragilità emotive e relazionali. «Un ragazzo passa quattro ore a scuola, quattro al telefono, e poi rientra a casa dove non trova equilibrio», ha detto. Senza adulti capaci di ascolto, la rabbia si esprime attraverso forme distruttive, come il bullismo.
Tecnologia e cyberbullismo, una sfida educativa urgente
L’impatto della tecnologia sul benessere degli studenti è uno degli aspetti più critici sottolineati da Andreoli. Gli adolescenti trascorrono ore sugli smartphone, sacrificando le relazioni reali in favore di interazioni digitali spesso superficiali o tossiche. Questo uso compulsivo alimenta disconnessione, solitudine e senso di impotenza, che possono sfociare nel cyberbullismo. A differenza del bullismo tradizionale, quello online non ha confini né orari, colpisce anche in casa, lasciando la vittima costantemente esposta. Le scuole, afferma Andreoli, devono educare a un uso consapevole dei social e intervenire rapidamente in presenza di segnali di disagio.
Scuola e famiglia: alleanza debole, collaborazione necessaria per combattere bullismo
Andreoli evidenzia anche la fragilità del rapporto tra famiglie e scuola, troppo spesso caratterizzato da sfiducia reciproca. Il Patto educativo di corresponsabilità, previsto per legge, rischia di restare un documento formale se non accompagnato da un impegno concreto. Lo psichiatra auspica incontri periodici non solo per discutere voti o note, ma per costruire insieme strategie educative basate sulla condivisione e sul supporto emotivo. Anche gli sportelli psicologici scolastici andrebbero normalizzati, utilizzati non come risorsa d’emergenza ma come strumento continuativo di prevenzione. Solo così si può sperare di arginare il disagio e favorire relazioni sane nei contesti educativi.