Bambini di 3 anni a scuola per 10 ore: il caso Verona che divide l’Italia
A Verona bambini di 3 anni a scuola quasi 10 ore. Il caso riaccende il dibattito su estensione oraria, carenze infrastrutturali e disparità territoriali


A Verona i bambini di tre anni restano a scuola quasi dieci ore al giorno. La sperimentazione, accolta con opinioni contrastanti, riflette un problema nazionale: conciliare orari di lavoro e cura dei figli piccoli, tra esigenze familiari, vincoli normativi e carenze infrastrutturali
Bambini di tre anni restano a scuola per 10 ore al giorno: un modello che si espande in Italia
Nelle scuole dell’infanzia comunali di Verona, alcuni bambini entrano alle 8.00 e escono alle 17.45, restando in classe per nove ore e quarantacinque minuti. Un’organizzazione che risponde alla crescente difficoltà delle famiglie di conciliare lavoro e gestione dei figli piccoli. Esperienze simili sono già consolidate in città come Bologna, dove laboratori pomeridiani gestiti da cooperative sociali integrano il tempo scuola. Il Piano Estate ministeriale, attivo dal 2021, ha reso strutturali attività extrascolastiche durante l’anno, con fondi per primo e secondo ciclo. Tuttavia, la gestione comporta criticità: il personale ATA, con organici ridotti, deve coordinare appalti e contabilità con turni fino a nove ore e straordinari retribuiti circa otto euro netti all’ora.
Opinioni divise e infrastrutture insufficienti
Sui social il dibattito è polarizzato. Molti genitori rivendicano il diritto a servizi pubblici che sostengano le nuove esigenze lavorative, soprattutto dove le reti familiari tradizionali non esistono più. Altri criticano la trasformazione della scuola in un “parcheggio per bambini”, temendo ricadute sulla qualità educativa. Insegnanti segnalano la propria difficoltà di conciliazione, con rientri serali dopo lunghe tratte ferroviarie. Anche le infrastrutture scolastiche mostrano limiti: mense progettate per il solo tempo pieno, spazi ricreativi ridotti, riscaldamento non sempre garantito oltre l’orario ordinario. Per i bambini di tre anni, restare quasi dieci ore in ambienti poco idonei può compromettere comfort e benessere.
Norme, costi e disparità territoriali
Sul piano normativo, l’estensione oraria oltre il tempo pieno si colloca in una zona grigia, affidata alla discrezionalità degli enti locali. La distinzione tra “tempo scuola” e “servizi integrativi” ha implicazioni contrattuali e assicurative per il personale. Il problema è accentuato dall’innalzamento dell’età pensionabile, che riduce la disponibilità dei nonni, e dall’aumento di famiglie con entrambi i genitori occupati a tempo pieno. Dal punto di vista economico, i comuni più grandi possono contare su fondi europei e ministeriali, mentre quelli piccoli rischiano di lasciare le famiglie senza alternative, creando un sistema a due velocità nell’accesso a servizi educativi prolungati.