Bergamo, studenti sospesi e impegnati in attività di cittadinanza attiva: le perplessità del CNDDU
Il CNDDU analizza il progetto di Bergamo per gli studenti sospesi: tra cittadinanza attiva e il rischio di una pedagogia dell'obbedienza.
Il progetto avviato a Bergamo, che coinvolge gli studenti sospesi in attività con le forze dell'ordine, solleva interrogativi nel CNDDU. Sebbene l'intento sia educativo, si evidenzia il rischio che la sanzione si trasformi in una mera lezione di obbedienza piuttosto che di responsabilità.
Bergamo, studenti sospesi impiegati in attività con forze dell’ordine e soccorritori: non sospendiamo i diritti, ma rafforziamo la coscienza
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani interviene sul progetto avviato a Bergamo che prevede il coinvolgimento di studenti destinatari di provvedimenti disciplinari in attività di cittadinanza attiva a fianco delle forze dell’ordine, degli operatori del numero unico di emergenza e delle realtà del volontariato territoriale, esprimendo una riflessione articolata che intende andare oltre la superficie della notizia e interrogare il significato profondo di simili sperimentazioni nel panorama educativo nazionale.
In un tempo in cui la scuola è chiamata a essere molto più di un luogo di trasmissione di contenuti, e a configurarsi come spazio di costruzione della coscienza civile, etica e democratica delle nuove generazioni, ogni iniziativa che si propone di trasformare la sanzione in occasione educativa merita attenzione. Tuttavia, non possiamo ignorare una tensione di fondo che attraversa questo tipo di esperienze: il rischio che, sotto il linguaggio della cittadinanza attiva, si affermi in modo silenzioso una pedagogia dell’obbedienza più che una pedagogia della responsabilità.
La sospensione dalle lezioni rappresenta una frattura nel percorso formativo dello studente. Trasformarla in esperienza pratica non è di per sé un errore, ma diventa problematico quando tale esperienza è strettamente connessa alla dimensione dell’ordine e del controllo, anziché a quella della riparazione del legame sociale. La cultura dei diritti civili, alla quale il CNDDU si richiama quotidianamente nell’attività didattica e di ricerca, insegna che l’educazione alla legalità non nasce dal timore dell’autorità, bensì dalla comprensione profonda delle regole come strumenti di tutela della dignità umana e del bene comune.
Pur riconoscendo il valore e la serietà del lavoro svolto dagli operatori del soccorso, dalle forze dell’ordine e dal volontariato, riteniamo necessario interrogarsi su quale immaginario venga proposto agli studenti che vivono una fase di fragilità, conflitto o disorientamento. Essere posti a contatto con l’emergenza, con l’intervento repressivo o con il dispositivo della sicurezza può generare consapevolezza, ma può anche trasformarsi in una forma di spettacolarizzazione del potere o, peggio, in un’esperienza vissuta come umiliazione o marchio, soprattutto se inserita all’interno di un percorso sanzionatorio.
L’elemento educativo non può essere delegato unicamente all’esperienza pratica. Esso deve essere accompagnato da spazi strutturati di parola, ascolto, rielaborazione critica e presa di coscienza. Senza questa dimensione riflessiva, il rischio è che l’esperienza si esaurisca in una mera esposizione, priva di reale interiorizzazione dei valori democratici e dei diritti fondamentali.
Un ulteriore tema che riteniamo imprescindibile riguarda il diritto alla tutela della dignità degli studenti coinvolti. La scuola non può diventare, neppure involontariamente, un luogo di etichettamento o di stigmatizzazione. Ogni studente, anche quando sbaglia, resta portatore di diritti inviolabili e deve essere messo nelle condizioni di ricostruire il proprio rapporto con la comunità attraverso percorsi riparativi autentici, fondati sul riconoscimento reciproco e non sulla logica esemplare o punitiva.
Accogliamo con favore ogni tentativo di costruire ponti tra scuola e territorio, tra giovani e comunità, tra errori e possibilità di riscatto. Ma ribadiamo con forza che tali ponti devono poggiare su basi etiche solide, capaci di distinguere tra educazione e controllo, tra responsabilità e intimidazione simbolica, tra autorità e autoritarismo.
La scuola non ha il compito di consegnare cittadini addestrati, ma persone libere, consapevoli, capaci di interrogare le regole e di comprenderne il senso più profondo. Ogni innovazione che riguarda le sanzioni disciplinari deve muoversi in questa direzione, senza scorciatoie e senza retoriche salvifiche, perché quando si parla di giovani e di diritti, non esistono soluzioni semplici a problemi complessi.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani continuerà a seguire con attenzione l’evoluzione di tali progetti, riaffermando la centralità della scuola come luogo di democrazia sostanziale, di giustizia educativa e di promozione integrale della persona, nella convinzione che solo un’educazione capace di coniugare responsabilità e diritti possa costruire una società realmente civile.
prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU