Opzione Donna 2026: stop alla proroga in Manovra

Opzione Donna resta fuori dalla Legge di Bilancio: ecco i requisiti attuali e il dibattito sulle coperture economiche

27 novembre 2025 08:50
Opzione Donna 2026: stop alla proroga in Manovra - Opzione Donna
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Il recente vertice di maggioranza a Palazzo Chigi ha escluso, per il momento, la proroga di Opzione Donna dalla prossima manovra finanziaria. Nonostante l'emendamento presentato per estendere i termini, mancano le coperture economiche necessarie per sostenere la misura nel 2026. Attualmente restano validi i criteri stabiliti dalla precedente Legge di Bilancio, mentre si attende una possibile riformulazione tecnica per garantire ancora la pensione anticipata.

Il nodo delle risorse per Opzione Donna

Durante il vertice tenutosi il 26 novembre, i leader della maggioranza hanno analizzato i correttivi alla Manovra 2026, respingendo numerosi provvedimenti per assenza di fondi. Tra le misure escluse figura l'estensione di questo canale di uscita previdenziale. L'emendamento, firmato dalla senatrice Paola Mancini, mirava a posticipare al 31 dicembre 2025 il termine utile per la maturazione dei requisiti. Nonostante la bocciatura in Commissione Bilancio, l'intenzione politica rimane quella di cercare una riformulazione delle coperture per tentare di riammettere la proposta. L'obiettivo è evitare che si interrompa la continuità di uno strumento fondamentale per molte lavoratrici, garantendo la proroga della misura attraverso nuove soluzioni finanziarie che possano soddisfare i vincoli di bilancio imposti dalla ragioneria di Stato.

I requisiti attuali per l'uscita anticipata

La misura, che affonda le radici nella Legge Maroni del 2004, ha subito diverse strette nel corso degli anni. Per accedere al pensionamento secondo le norme vigenti, è necessario aver maturato 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2024. Il requisito anagrafico segue un sistema a scalare legato alla situazione familiare: l'uscita è fissata a 61 anni di età per le donne senza figli, scende a 60 anni per chi ha un figlio e arriva a 59 anni per chi ne ha due o più. Possono accedere con il requisito agevolato di 59 anni, indipendentemente dal numero di figli, anche le caregiver familiari che assistono parenti con disabilità grave e le lavoratrici con invalidità civile pari o superiore al 74%, oltre alle dipendenti o licenziate da aziende in crisi.

Penalizzazioni sull'assegno pensionistico

Scegliere questa via d'uscita comporta un costo economico rilevante. Secondo le stime dell'INPS, l'assegno risulta mediamente inferiore del 14% rispetto a quello delle colleghe che optano per la pensione di vecchiaia a 67 anni. A questo taglio si somma il strutturale divario di genere retributivo: le donne percepiscono già indennità più basse del 24% rispetto agli uomini. Questa disparità è il frutto di carriere spesso frammentate dal lavoro di cura non retribuito e dalla necessità di accettare contratti part-time per sopperire alle carenze del welfare. Di fatto, la flessibilità in uscita viene pagata dalle lavoratrici con una rendita pensionistica decurtata, rendendo la vecchiaia economicamente più fragile per chi si è dedicata all'assistenza familiare.

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