Disagio Giovanile, CNDDU: 'Urge una scuola più attenta dopo la tragedia di Treviso'
Dopo il tragico gesto di un 17enne a Treviso, la scuola deve diventare un presidio di umanità per intercettare il disagio giovanile prima che esploda.
Il Coordinamento Nazionale Docenti (CNDDU) esprime profonda solidarietà per il drammatico episodio avvenuto a Treviso, che coinvolge un giovane studente e ripropone l'urgenza di affrontare il disagio giovanile. Una fragilità intima, spesso silenziosa, può convivere con impegni quotidiani e apparente ripresa. La scuola non deve essere solo un luogo di verifica, ma un presidio di umanità capace di ascolto e vicinanza, riconoscendo che il dolore non può essere misurato in superficie.
Treviso, tragico gesto di un 17enne: urge una scuola più attenta al disagio giovanile
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profonda solidarietà al giovane studente coinvolto nel drammatico episodio avvenuto nei pressi della linea ferroviaria Venezia–Udine e alla sua famiglia, ancora segnata da una perdita che ha lasciato ferite difficili da colmare.
La vicenda, che riecheggia in modo inquietante quella che aveva coinvolto il padre del ragazzo pochi mesi fa, ci ricorda quanto il dolore, soprattutto nei più giovani, non possa essere misurato attraverso la sola superficie delle cose. È una realtà intima, spesso silenziosa, che convive con gesti e impegni quotidiani apparentemente rassicuranti. Anche chi sembra “riprendersi” può continuare a portare dentro di sé una fragilità profonda, che chiede ascolto e vicinanza più di quanto lasci intuire.
In questo quadro la scuola assume un ruolo che va ben oltre la trasmissione dei saperi. È uno spazio in cui gli studenti trascorrono gran parte delle loro giornate, un ambiente in cui relazioni, sguardi, parole e silenzi possono diventare strumenti preziosi per comprendere ciò che si muove nell’interiorità dei ragazzi. La scuola non è, e non deve essere, solo un luogo di verifica e di risultati: deve potersi configurare come un presidio di umanità, capace di intercettare il disagio senza ridurlo a un fatto episodico.
Gli insegnanti, che avevano visto il giovane impegnarsi nello studio come segno di una possibile ripresa, sono spesso i primi a notare sfumature, cambiamenti, esitazioni. Tuttavia, non è giusto che siano lasciati soli di fronte a compiti che richiedono anche competenze psicologiche e relazionali complesse. La scuola ha bisogno di un sostegno più continuativo e strutturale, di figure professionali qualificate che lavorino a fianco del personale scolastico, di una rete stabile che permetta di intervenire non solo davanti all’emergenza ma soprattutto prima che essa esploda.
Accogliere il disagio degli studenti significa riconoscere che la crescita non è mai linearmente prevedibile. Significa comprendere che dietro un sorriso può nascondersi una richiesta d’aiuto, che dietro un buon andamento scolastico può convivere una fatica invisibile. Significa educare anche alla parola, alla condivisione delle proprie emozioni, alla consapevolezza che chiedere supporto non è un segno di debolezza, ma un atto di coraggio.
La scuola, insieme alla famiglia e ai servizi del territorio, deve diventare un luogo in cui il dolore non viene ignorato ma accompagnato, in cui la fragilità non genera solitudine, e in cui ogni studente può sentirsi tutelato, visto, compreso. In quest’ottica la tutela dei diritti umani non appare più come un orizzonte teorico, ma come una realtà quotidiana che si costruisce nelle relazioni educative e nella capacità di prendersi cura dell’altro.
Un sentito ringraziamento va al macchinista, agli agenti della Polfer e ai sanitari intervenuti con tempestività e dedizione: il loro operato ha contribuito a preservare una giovane vita, ricordandoci quanto la prontezza e l’attenzione dell’essere umano verso l’altro possano fare la differenza.
In questo momento di dolorosa incertezza, il nostro pensiero va al ragazzo e ai suoi familiari. Ci auguriamo che la comunità sappia stringersi attorno a loro con rispetto e solidarietà autentica, affinché questo dolore non resti un grido senza risposta. La protezione dell’infanzia e dell’adolescenza è un dovere collettivo che chiama ciascuno di noi a un impegno responsabile, profondamente umano e mai rimandabile.
prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU