Docenti di sostegno con titolo estero: il silenzio dei Ministeri è una scelta politica che ignora i diritti acquisiti

Il silenzio dei Ministeri sui docenti di sostegno specializzati all'estero è una scelta politica? Migliaia di precari attendono risposte sui loro diritti.

27 settembre 2025 18:29
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Migliaia di docenti di sostegno specializzati all'estero sono sospesi in un limbo burocratico. Nonostante abbiano seguito ogni procedura richiesta, il silenzio dei Ministeri dell'Istruzione e dell'Università nega risposte chiare, trasformando l'attesa in una precisa scelta politica.

Docenti di sostegno all'estero: il silenzio dei ministeri è una scelta politica? Non è più solo burocrazia lenta?

Dopo mesi di attese e rimpalli, il silenzio dei Ministeri dell’Istruzione e dell’Università sulla questione dei docenti specializzati all’estero potrebbe assumere il valore di una decisione politica. Una decisione che lascia migliaia di professionisti sospesi in un limbo.

Chi siamo e cosa ci è stato chiesto

Siamo i docenti inseriti negli elenchi previsti dall’art. 9, comma 4, del D.M. 119/2023: coloro che hanno conseguito all’estero il titolo di specializzazione sul sostegno e che, in base alla normativa vigente, hanno diritto pieno all’immissione in ruolo con priorità rispetto ad altre procedure di reclutamento, a partire dall’anno scolastico successivo al riconoscimento del titolo.

Ci è stato chiesto di sanare il titolo estero attraverso il percorso INDIRE, e lo stiamo facendo, nonostante le difficoltà organizzative e la mancanza di supporto istituzionale. Abbiamo rispettato le regole, ci siamo formati, ci siamo adattati a ulteriori procedure. Pertanto, coloro che completeranno il percorso INDIRE accederanno all’anno di prova e alla relativa assunzione nell’anno scolastico 2026/2027.

Testimonianze di un limbo burocratico

Dietro le carte e le sigle normative ci sono persone reali. Molti docenti denunciano ansia, stress e precarietà economica. Alcuni hanno rinviato progetti familiari o abbandonato opportunità lavorative in attesa di una chiarezza che non arriva.

Il silenzio istituzionale non è neutrale: ha un costo umano e sociale, che scarica sulle nostre spalle e delle nostre famiglie.

Le richieste rimaste senza risposta

I docenti interessati non chiedono privilegi, ma solo l’applicazione di norme già previste. Tre i punti principali su cui da mesi si attende una nota ministeriale:

1. Il diritto all’immissione in ruolo non decade in caso di cambio di provincia: si tratta di un diritto soggettivo già acquisito, non vincolato alla permanenza nella provincia di originaria individuazione. Nessuna norma impone tale obbligo e il trasferimento in un’altra provincia non comporta la perdita del diritto all’assunzione, poiché l’inserimento nell’elenco previsto dall’art. 9, comma 4, rappresenta il riconoscimento di un diritto futuro, condizionato unicamente al possesso del titolo e non soggetto a decadenza per effetto della mobilità volontaria.

2. L’anno di prova potrà essere svolto nella provincia di attuale inserimento o in quella successivamente scelta. L’immissione in ruolo, infatti, avverrà nella provincia di effettiva inclusione nelle GPS aggiornate per il biennio 2026/2028 e non necessariamente in quella in cui si è stati individuati in origine.

3. Il diritto all’assunzione non è subordinato allo svolgimento di una supplenza da GPS. Secondo quanto stabilito dal D.M. 119/2023, una volta che il docente è individuato ai sensi dell’art. 9, comma 4, il posto per l’immissione in ruolo è già accantonato per l’anno di prova, con decorrenza dall’anno scolastico successivo al riconoscimento del titolo estero.

Domande chiare, risposte che i ministeri continuano a non fornire.

Una responsabilità politica

A questo punto non si può più parlare di ritardi tecnici. Il mancato intervento dei ministri Valditara e Bernini è una scelta politica precisa: mantenere nel silenzio migliaia di docenti, rimandando decisioni che incidono sulla vita delle persone e sulla qualità della scuola.

Chi si assume questa responsabilità davanti al nostro futuro e a quello delle nostre famiglie?

Conclusione e appello

È tempo di uscire dall'ambiguità. O il Governo chiarisce e garantisce diritti già previsti dalla legge, o sarà evidente che il silenzio equivale a una precisa volontà di non affrontare il problema e non vogliamo credere che sia così.

I docenti hanno fatto la loro parte, rispettando regole e procedure. Ora tocca alle istituzioni: basta silenzi, servono risposte immediate.

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