Firma: regole e consuetudini sull’ordine di nome e cognome

Qual è l’ordine corretto nella firma tra nome e cognome? Una guida tra norme giuridiche, uso linguistico e validità legale della sottoscrizione.

08 luglio 2025 18:30
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Dal punto di vista giuridico, il Codice Civile italiano offre alcune indicazioni. L’articolo 6, secondo comma, chiarisce che il “nome” comprende sia il prenome (ovvero il nome proprio) sia il cognome, inteso come indicatore del gruppo familiare di appartenenza. Non si stabilisce un obbligo formale sull’ordine di firma, ma l’impostazione della norma suggerisce chiaramente che il nome precede il cognome. A rafforzare questa interpretazione interviene anche il DPR 396/2000, che disciplina l’ordinamento dello stato civile: nell’elencazione delle generalità di una persona, il nome è sempre indicato per primo.

La posizione dell’Accademia della Crusca

Non è solo la legge a suggerire questa impostazione. Anche l’Accademia della Crusca ha affrontato il tema, confermando che in italiano, nei contesti formali e nella scrittura della firma, è corretto indicare prima il nome e poi il cognome. Si tratta di una consuetudine coerente con la struttura linguistica: così come l’aggettivo segue il nome, anche il cognome — che storicamente rappresentava un’informazione aggiuntiva, derivata spesso dal nome del padre, dalla professione o da un luogo d’origine — è un elemento che viene dopo. Esempi emblematici come “Dante Alighieri”, in cui il cognome è derivato da un antenato, confermano l’impostazione tradizionale.

Il retaggio storico dell’ordine “cognome + nome”

Fino al secondo dopoguerra, però, era comune l’uso inverso: soprattutto in contesti scolastici o amministrativi, ci si presentava con “cognome + nome”. Questo perché l’ordinamento fascista e l’apparato burocratico prediligevano l’impostazione anagrafica per facilitare l’archiviazione e l’ordinamento alfabetico. Oggi tale prassi è stata superata, e la forma “nome + cognome” è ritenuta corretta tanto nei documenti quanto nella firma autografa.

Le eccezioni: quando il cognome precede il nome

Va comunque precisato che in alcuni ambiti rimane la regola del “cognome prima del nome”. È il caso del codice fiscale, in cui i primi tre caratteri identificano il cognome e i successivi tre il nome. Anche negli elenchi alfabetici o in contesti archivistici è frequente l’uso dell’ordine inverso per motivi pratici. Inoltre, nei moduli prestampati, qualora lo schema preveda due spazi distinti (es. “Cognome – Nome”), l’ordine indicato va rispettato.

Che requisiti deve avere una firma per essere valida?

Resta però una domanda cruciale: in cosa consiste una firma valida? Anche in questo caso, il Codice Civile non stabilisce regole rigide. Tuttavia, per consuetudine giuridica e prassi consolidata, una firma si considera valida quando è apposta di proprio pugno e quando è riconducibile senza incertezze al firmatario. Questo significa che è valida anche una firma poco leggibile, purché contenga tratti distintivi tali da essere attribuita all’autore mediante eventuale perizia grafologica. Non sono invece valide firme impersonali, formate da segni geometrici, disegni o scarabocchi privi di elementi identificativi.

Libertà sì, ma con consapevolezza

Pertanto, sebbene l’ordine “nome + cognome” sia quello consigliato sia dalla norma sia dall’uso linguistico, firmare con il cognome prima del nome non invalida l’atto. In mancanza di regole tassative, l’attenzione va rivolta alla riconoscibilità e all’autenticità della firma, non tanto alla sequenza dei nomi. Tuttavia, adottare l’ordine corretto — “Mario Rossi” invece di “Rossi Mario” — è indice di consapevolezza, chiarezza e rispetto delle convenzioni linguistiche e amministrative italiane.

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