Genitori ricorrono al TAR per un 10, ma il voto resta 9
Genitori ricorrono al TAR per trasformare un 9 in un 10 agli esami di terza media, ma il Tribunale difende l’autonomia scolastica e respinge il ricorso


Un caso singolare a Canicattì: i genitori di un alunno promosso con 9 all’esame di terza media chiedono il 10 al TAR. Ma i giudici confermano la valutazione della scuola, difendendo l’autonomia degli organi collegiali e condannando i ricorrenti alle spese legali. Il giurista Saraceni: “La Giustizia non è un gioco”
Il ricorso al TAR per un punto in più
A Canicattì, in provincia di Agrigento, un caso scolastico si è trasformato in una questione giudiziaria. I genitori di un alunno promosso con voto finale pari a 9/10 agli esami di terza media hanno deciso di impugnare la valutazione presso il Tribunale Amministrativo Regionale. Secondo la famiglia, lo studente meritava la massima valutazione, un 10, giudicando ingiusto che due prove di lingua straniera, ritenute dalla commissione “non del tutto prive di errori” e valutate con un voto pari a 8, abbiano compromesso il punteggio finale. La richiesta puntava all’annullamento della valutazione d’esame e a una revisione ufficiale del giudizio espresso dalla commissione scolastica.
Il TAR rigetta il ricorso: voto motivato e corretto
La sentenza di rigetto del TAR ha confermato la piena legittimità della valutazione scolastica. I giudici hanno ritenuto che la valutazione finale fosse basata su criteri trasparenti, derivati da una documentazione completa e coerente. Lo studente era stato ammesso con 9 e le prove d’esame, non tutte prive di errori, avevano giustificato il mantenimento di quel punteggio. Il Tribunale ha inoltre ribadito la centralità dell’autonomia degli organi collegiali, sottolineando che la valutazione non può essere oggetto di modifiche giurisdizionali in assenza di vizi evidenti o violazioni dei diritti dello studente. Il ricorso è stato dichiarato infondato, e i genitori sono stati condannati a pagare mille euro di spese legali.
Il monito del giurista: 'La Giustizia non è un gioco'
La vicenda ha avuto ampia risonanza mediatica, anche grazie all’intervento del giurista Guido Saraceni, professore di Filosofia del diritto, che ha commentato la notizia tramite i social: “La Giustizia non è un gioco, bisognerebbe pensarci due volte prima di ingolfarne ulteriormente gli ingranaggi”. Le sue parole hanno rilanciato un messaggio chiaro sull’uso improprio dei ricorsi nella scuola e sulla necessità di rispettare il lavoro svolto dalle commissioni. Il caso di Canicattì diventa così simbolo di un limite invalicabile: quello tra il legittimo diritto di contestare un’ingiustizia e il tentativo di piegare le istituzioni a valutazioni soggettive o percezioni personali del merito.