Il docente deve adattare le lezioni agli studenti

Il Tribunale di Larino stabilisce che i docenti devono chiarire e adattare le spiegazioni: la mancata riformulazione può portare a sanzioni.

12 ottobre 2025 17:08
Il docente deve adattare le lezioni agli studenti - Una classe mentre fa lezione
Una classe mentre fa lezione
Condividi

Una recente sentenza del Tribunale di Larino stabilisce che l’insegnante ha l’obbligo di riformulare la spiegazione quando uno studente non comprende. Secondo i giudici, la mancanza di chiarezza didattica può giustificare sanzioni disciplinari, poiché l’obiettivo primario resta la promozione effettiva dell’apprendimento.

La sentenza: chiarezza e adattamento non sono facoltativi

Il Tribunale di Larino, con una decisione riportata dall’Associazione Nazionale Presidi, ha confermato che la mancata riformulazione delle spiegazioni in classe costituisce una violazione dei doveri professionali del docente. Il caso nasce dal ricorso di un insegnante sanzionato con censura disciplinare per non aver saputo adattare il linguaggio e i metodi di insegnamento alle esigenze degli alunni.
Le indagini interne, avviate dal dirigente scolastico dopo le segnalazioni dei genitori, avevano messo in luce un atteggiamento ripetitivo da parte del docente, che tendeva a reiterare le stesse spiegazioni senza modificarne l’impostazione, anche davanti alle difficoltà espresse dagli studenti. L’ispezione ministeriale ha confermato che l’insegnante possedeva competenze disciplinari adeguate, ma non esercitava la necessaria flessibilità comunicativa. Per il giudice, tale condotta viola la funzione educativa e formativa riconosciuta al personale docente, giustificando quindi la misura disciplinare adottata.

Gli obblighi previsti dal contratto collettivo

La pronuncia si fonda su due articoli del Contratto Collettivo Nazionale del comparto scuola. L’articolo 40 richiama la responsabilità del docente nel promuovere l’apprendimento in coerenza con le finalità educative e sociali del sistema scolastico. L’articolo 41, invece, specifica che l’insegnante deve adeguare l’offerta formativa alle diverse esigenze degli alunni e ai contesti operativi.
Il tribunale ha sottolineato che il ruolo del docente non si esaurisce nella trasmissione dei contenuti, ma comporta la costante verifica dell’efficacia del proprio metodo didattico. Riformulare, spiegare con parole diverse, usare esempi nuovi o strumenti alternativi — quando necessario — rappresenta un obbligo funzionale al diritto allo studio, non una semplice buona prassi. In altre parole, l’insegnamento non è un atto unidirezionale, ma un processo comunicativo che deve adattarsi ai livelli di comprensione degli studenti.

Il PTOF come riferimento operativo e vincolante

Determinante nella sentenza è stato anche l’esame del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), documento che delinea l’identità educativa dell’istituto. Nel caso in questione, il PTOF prevedeva l’obbligo per i docenti di monitorare costantemente i progressi degli studenti, valutando l’efficacia delle strategie didattiche e predisponendo interventi di recupero mirati. Il giudice ha evidenziato come tali disposizioni non siano generiche, ma rappresentino impegni precisi e vincolanti anche per la prassi professionale, in quanto richiamate dalla normativa ministeriale che orienta l’autonomia scolastica.
Il tribunale ha quindi confermato la legittimità della sanzione disciplinare e condannato il docente al pagamento delle spese di lite per un totale di 3.689 euro, oltre agli accessori di legge. La decisione stabilisce un principio importante: il diritto dello studente a capire corrisponde al dovere dell’insegnante di farsi capire. L’atto dell’insegnare, quindi, non si conclude con la spiegazione, ma solo quando l’apprendimento è effettivamente reso possibile.

Le migliori notizie, ogni giorno, via e-mail