Il volontariato in Italia al bivio: calo storico, nuove forme e cambiamenti generazionali

Dati Istat rivelano un calo storico del volontariato in Italia, ma emergono nuove forme ibride e un rinnovato impegno verso ambiente e comunità.

02 agosto 2025 12:20
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Il panorama del volontariato italiano sta attraversando una fase di profonda trasformazione, segnata da un calo preoccupante della partecipazione civica e da mutamenti nei profili dei volontari, nei settori di impegno e nelle motivazioni che spingono le persone ad agire. I dati più recenti raccolti dall'Istat offrono uno spaccato complesso e articolato, che evidenzia sia crisi strutturali sia segnali di innovazione. Di seguito un’analisi dettagliata dei trend che stanno ridefinendo il volto della solidarietà nel nostro Paese.

Partecipazione in caduta libera: solo il 9,1% coinvolto

Nel 2023, soltanto il 9,1% della popolazione italiana con più di 15 anni ha preso parte ad attività di volontariato nelle quattro settimane precedenti l’indagine, pari a circa 4,7 milioni di cittadini. Rispetto al 2013, la flessione è di ben 3,6 punti percentuali, rappresentando la più netta riduzione degli ultimi decenni nella partecipazione civica organizzata.

Crollano sia il volontariato strutturato che gli aiuti informali

Le due principali forme di volontariato – quello mediato da associazioni e gruppi, e gli aiuti spontanei offerti direttamente a chi ne ha bisogno – risultano entrambe in diminuzione. L’attività svolta tramite organizzazioni coinvolge attualmente il 6,2% della popolazione (3,2 milioni di persone), in calo rispetto al 7,9% di dieci anni fa. Analogamente, l’assistenza diretta senza mediazioni strutturate tocca oggi solo il 4,9% degli italiani (2,5 milioni), rispetto al 5,8% registrato nel 2013.

Persistono forti disuguaglianze territoriali

La partecipazione al volontariato continua a essere fortemente influenzata dal contesto geografico. Il Nord del Paese conferma il primato nella partecipazione organizzata (8,2%) e negli aiuti informali (6,0%), mentre il Mezzogiorno si ferma rispettivamente al 3,6% e al 3,4%. Il Nord-Est si distingue come la zona con la maggiore adesione strutturata (9,1%), segno di una più solida coesione sociale in quell’area.

Emergono i “volontari ibridi”: un nuovo protagonismo civico

Un dato sorprendente emerge nella crescita di una nuova figura di cittadino attivo: il “volontario ibrido”. Questa categoria, che alterna attività formali in associazioni a interventi autonomi, è aumentata dal 8,1% al 21,7% della popolazione impegnata, con circa un milione di persone che dedicano in media oltre 28 ore al mese al volontariato. Un fenomeno in forte espansione che testimonia nuove modalità di impegno sociale.

Giovani in ritirata, anziani in tenuta

Le trasformazioni generazionali disegnano un quadro critico. I giovani tra i 25 e i 44 anni hanno registrato il calo più sensibile nella partecipazione al volontariato organizzato (-2,7 punti percentuali). Al contrario, gli over 65 mostrano una sostanziale stabilità, confermando il loro ruolo trainante nel mantenere viva la rete del volontariato nazionale.

Istruzione e occupazione: chi tiene e chi cede

I laureati rimangono tra i più attivi (10,3%), ma sono anche quelli che hanno subito il maggiore calo rispetto al 2013. La partecipazione varia in base alla condizione lavorativa: i pensionati restano i più coinvolti (7,8%), seguiti da chi lavora (6,3%). I livelli di partecipazione più bassi si registrano tra studenti e casalinghe. Particolarmente allarmante è la diminuzione tra gli studenti, che perdono 4 punti percentuali nell’arco di un decennio.

Cambiano i settori: cultura e sociale sorpassano religione e sport

Negli ambiti di intervento si osservano significative trasformazioni. Le attività culturali e ricreative diventano il settore più attrattivo (23,9% dei volontari), seguite da assistenza sociale e protezione civile (22%). Cresce anche l’impegno ambientale, mentre calano in modo netto le attività religiose (-5,8 punti) e quelle sportive (-1,9 punti), riflettendo un cambio generazionale nei valori e nelle priorità.

Motivazioni diverse per volontariato organizzato e aiuti diretti

Le ragioni che spingono le persone a impegnarsi nel volontariato differiscono a seconda del contesto. Chi opera all’interno di associazioni lo fa principalmente per aderire agli ideali promossi dal gruppo (31,1%) o per contribuire al bene comune (21,5%). Al contrario, gli aiuti informali sono motivati da contingenze: il 27,5% interviene per fronteggiare emergenze e il 24,6% per aiutare persone bisognose di cure.

Cambiano i destinatari: meno amici, più ambiente e comunità

Un altro aspetto rilevante è il cambiamento nei destinatari degli aiuti diretti. Il sostegno ad amici e conoscenti è sceso dal 66,8% al 56,7%, mentre quasi raddoppiano gli interventi a favore della collettività, dell’ambiente e del territorio, passati dal 16,6% al 31,3%. Un segnale chiaro di spostamento da una solidarietà basata su legami personali a una forma più orientata al bene comune e alla sostenibilità.