La 'Happiness Factory': il programma che avvicina genitori e figli isolati
Alla Happiness Factory, genitori sudcoreani vivono tre giorni di isolamento per comprendere il dolore e la solitudine dei figli hikikomori.


In Corea del Sud, oltre 540.000 giovani tra i 19 e i 34 anni vivono in una condizione di isolamento cronico. Molti di loro non escono più dalla propria stanza, evitano qualsiasi contatto umano, e si chiudono nel silenzio. Per cercare di ristabilire un ponte emotivo tra genitori e figli, è nato un progetto innovativo e radicale: far vivere ai genitori l’esperienza diretta dell’isolamento.
Un esperimento emotivo
In una struttura chiamata “Happiness Factory”, situata nella provincia di Gangwon, i genitori si rinchiudono volontariamente per tre giorni in una stanza spoglia, grande quanto un ripostiglio. Non possono usare il telefono, né accedere a internet, né avere contatti con altre persone. Indossano un’uniforme blu e ricevono il cibo attraverso un foro nella porta, in totale silenzio. L’obiettivo è uno solo: capire cosa provano i propri figli che da mesi o anni non riescono più ad affrontare il mondo esterno.
Le cause del ritiro sociale
Le ragioni dietro questo fenomeno, noto anche come “hikikomori”, sono molteplici. Le più comuni sono le difficoltà nel trovare un lavoro stabile, problemi relazionali, conflitti familiari e condizioni di disagio psicologico. In un paese dove la pressione sociale per il successo è altissima, il fallimento scolastico o professionale viene vissuto come una vergogna, spesso più dai genitori che dai figli stessi.
Happiness Factory: madri e padri alla prova del silenzio
Durante i tre giorni di isolamento, i genitori partecipano anche a momenti di riflessione personale. Leggono lettere scritte dai propri figli, si confrontano con educatori e operatori sociali, e imparano a guardare alla sofferenza dei ragazzi non come un capriccio o una colpa, ma come una richiesta d’aiuto. Per molte madri e padri, l’esperienza si rivela profondamente trasformativa. Alcuni raccontano di aver compreso per la prima volta cosa significhi vivere in uno stato di reclusione emotiva, altri tornano a casa con una rinnovata voglia di ascoltare senza giudicare.
Dalla colpa alla comprensione
Il programma non punta a colpevolizzare i genitori, ma a offrire loro strumenti per ricostruire un rapporto empatico e rispettoso con i propri figli. In una cultura in cui il valore della famiglia è strettamente legato alla performance scolastica e professionale, riconoscere la fragilità dei propri figli è un atto di coraggio. Il silenzio della Happiness Factory diventa così un luogo di ascolto interiore, dove anche i genitori imparano a rallentare, a non forzare, a chiedere scusa.
Happiness Factory: una risposta a un problema nazionale
Questo programma si inserisce in un contesto più ampio: il governo sudcoreano ha avviato un piano di intervento per il benessere mentale dei giovani, con misure di supporto economico, psicologico e sociale. Ma mentre le politiche pubbliche si sviluppano, iniziative come quella della Happiness Factory agiscono sul piano umano, relazionale, quotidiano. Dove spesso si annida la radice più profonda del disagio.