La riforma fiscale 2025 penalizza i dipendenti pubblici: delusione per molti lavoratori della scuola

La riforma fiscale 2025 del Bonus Meloni penalizza i dipendenti pubblici e i redditi medio-bassi: ecco gli effetti negativi per chi guadagna di più.

24 maggio 2025 11:18
La riforma fiscale 2025 penalizza i dipendenti pubblici: delusione per molti lavoratori della scuola - Rinuncia Taglio Cuneo Fiscale
Rinuncia Taglio Cuneo Fiscale
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Con l’entrata in vigore della riforma del cuneo fiscale 2025, molti lavoratori hanno sperimentato effetti diversi da quelli promessi. Il nuovo sistema di calcolo, che sostituisce quello legato all’imponibile previdenziale con quello sull’imponibile fiscale, ha infatti creato uno squilibrio evidente tra dipendenti pubblici e privati. I dipendenti pubblici, soggetti a trattenute previdenziali più elevate, si ritrovano con una base fiscale più bassa, che limita il beneficio del bonus. Solo chi supera i 32.000 euro annui di reddito può iniziare a notare miglioramenti reali, lasciando penalizzate le fasce retributive più basse.

Dipendenti pubblici svantaggiati: le trattenute erodono il vantaggio del bonus

A differenza dei lavoratori del settore privato, i dipendenti pubblici devono far fronte a un carico contributivo più pesante. Oltre alla consueta aliquota per la pensione, sono soggetti a un'imposta del 2% sul TFR e a una trattenuta per il fondo credito. Questo porta le ritenute previdenziali all’11,15%, contro il 9,19% del privato. Il risultato è un imponibile fiscale inferiore, che limita il vantaggio del bonus Meloni nel nuovo sistema. Sebbene la riforma sia stata presentata come favorevole ai redditi bassi, nella realtà, molti lavoratori pubblici e chi ha redditi medi tra i 15.000 e i 32.000 euro hanno riscontrato un calo nel netto mensile, segnando una netta inversione di tendenza rispetto alle aspettative.

Redditi medio-bassi penalizzati: meno soldi in busta paga rispetto al vecchio bonus

Il nuovo sistema ha prodotto effetti controproducenti proprio sulle categorie che la riforma dichiarava di voler tutelare. I lavoratori con redditi fino a 15.000 euro continuano a ricevere un beneficio fiscale, sebbene più contenuto. Tuttavia, per chi guadagna tra i 15.000 e i 32.000 euro, la nuova struttura porta a un vantaggio minore rispetto al vecchio Bonus Meloni, risultando in buste paga più leggere. Proprio le fasce medio-basse, che avevano tratto maggiore giovamento dalle precedenti misure, oggi si ritrovano a fronteggiare una realtà più severa. L’effetto combinato di un’imponibile fiscale più basso e di detrazioni ridotte ha ridimensionato l’impatto positivo atteso dalla riforma.

Chi beneficia davvero della riforma: vantaggi per redditi tra 35.000 e 45.000 euro

Non tutti i lavoratori escono svantaggiati dalla riforma del 2025. I maggiori benefici si riscontrano tra chi ha un imponibile previdenziale compreso tra i 35.001 e i 45.000 euro. In questa fascia, la nuova detrazione decrescente consente un incremento del netto annuo fino a 1.000 euro. A trarne vantaggio sono in particolare impiegati di medio livello, quadri aziendali e lavoratori del settore privato con anzianità contributiva. Questo risultato deriva dalla combinazione tra un’imponibile fiscale più alto e la struttura delle detrazioni fiscali, che si mantengono favorevoli fino alla soglia dei 40.000 euro, anche se in misura decrescente. Tuttavia, queste categorie rappresentano una minoranza rispetto al totale dei lavoratori, lasciando ampi margini di insoddisfazione tra la popolazione attiva.

Riforma del cuneo fiscale: aspetti positivi e nodi critici da affrontare

La transizione da una misura transitoria a una struttura fiscale permanente ha segnato un cambiamento significativo. Tra i vantaggi, si evidenziano una maggiore prevedibilità delle detrazioni, la stabilità delle retribuzioni e l’eliminazione dei ricalcoli legati alle dinamiche previdenziali. Tuttavia, le criticità sono altrettanto evidenti: i lavoratori pubblici risultano penalizzati dalla base imponibile inferiore, i redditi medio-bassi percepiscono meno vantaggi rispetto al passato e il clima di insoddisfazione è acuito da una comunicazione istituzionale ottimistica, spesso lontana dalla realtà vissuta dai contribuenti. Per riequilibrare il sistema e tutelare realmente i lavoratori più fragili, sarà necessario un intervento correttivo già nei prossimi mesi.