Lavoro giovanile: come scrivere un CV efficace per il primo impiego
Una guida per strutturare il tuo CV, valorizzare la formazione ed evitare errori comuni nella ricerca del tuo primo impiego.
Se è vero che il lavoro giovanile, in Italia, è segnato da diseguaglianze e precarietà, è vero anche che gli strumenti per rendere la ricerca più efficiente non mancano, e possono essere molto utili.
Lo scoglio del primo impiego
I dati sul lavoro giovanile, nel nostro paese, lasciano spazio a pochi dubbi rispetto al clima generale di incertezza. Secondo una recente indagine sull’orientamento scolastico, un neodiplomato su cinque non ha idea di che cosa farà dopo la scuola, uno su due non sa come affrontare il mondo del lavoro. In base a un’indagine di Inapp-Plus, persistono forti diseguaglianze legate al background familiare, scarsa coerenza tra formazione e mansioni nonché profonde criticità sul fronte delle retribuzioni e della stabilizzazione dei rapporti contrattuali.
In questo contesto di fragilità, culturali e strutturali, la ricerca del primo impiego rischia di essere percepita come uno scoglio insormontabile. Eppure, è proprio in uno scenario di questo tipo che le giovani leve possono fare la differenza, mettendo in gioco risorse ed energie che sono, peraltro, la prerogativa tipica dei profili junior.
Senza la pretesa di fare rivoluzioni, valorizzare il proprio percorso è non solo doveroso, ma possibile: in modo concreto, con un approccio pragmatico e strumenti pratici mirati. Iniziando dal punto di partenza canonico: creare il curriculum vitae.
Struttura e sezioni di un curriculum per studenti / neodiplomati / neolaureati
La prima regola per fare un CV efficace è impostare il documento seguendo una struttura ben precisa. Ciò che serve è un formato semplice e ordinato, in modo da poter disporre i contenuti con coerenza e fluidità. Può sembrare ovvio, e invece la verità è che molti candidati (professionisti inclusi, con anni di esperienza) non ci pensano: non si mettono nei panni di chi leggerà il curriculum, e riempiono il documento di testo, con il rischio di renderlo illeggibile.
Per chi è in cerca del primo impiego, la questione è semplice: le esperienze sono ancora poche, e una pagina è in genere più che sufficiente a dire tutto. Basta seguire questo schema.
Intestazione con i dati di contatto.
Profilo personale: è un breve paragrafo di presentazione che indica la posizione del candidato (studente/essa, neodiplomato/a o neolaureato/a), i principali punti di forza, gli obiettivi.
Formazione: è la sezione dedicata al percorso di studi, che in un CV per primo impiego ha in genere ampio spazio; qui bisogna indicare qualifiche conseguite, istituti frequentati, periodo di frequenza, votazioni/punteggio, contenuti dei corsi (se di rilievo per la posizione).
Esperienza professionale: questa sezione, nel CV di chi ha appena concluso gli studi, potrebbe essere scarna, ed è normale; l’importante è che non sia vuota. Bene inserire stage, tirocini, progetti di scuola-lavoro, volontariato, attività associativa – ciascuna di queste esperienze, infatti, può fornire abilità perfettamente comparabili a quelle lavorative.
Competenze: idealmente da suddividere in competenze tecniche e trasversali, o hard skill e soft skill. Sono importanti perché mostrano a colpo d’occhio abilità immediatamente spendibili - ciò che sai fare, che si tratti di parlare una lingua straniera, scrivere prompt per l’intelligenza artificiale, collaborare in team.
Altre informazioni: eventuali periodi trascorsi all’estero, corsi al di fuori dell’iter formativo tradizionale, referenze.
Che cosa valorizzare nel curriculum per il primo impiego
Una volta impostata la struttura del CV, è imperativo focalizzare l’attenzione sui punti di forza. Ciò che blocca la maggior parte dei candidati giovani è il fatto di non avere abbastanza esperienza, o non averne affatto, quindi di non sentirsi all’altezza.
Bisogna ribaltare la prospettiva: prendere atto di ciò che non c’è e valorizzare al massimo ciò che c’è. Facendo riferimento alle sezioni elencate sopra, ecco che cosa bisogna valorizzare e come.
La formazione non si esaurisce in ‘tipo di scuola’ e ‘voti’: va presentata come bagaglio di sapere ben organizzato e pronto per l’uso (perché lo è), mettendo in luce, insieme alle conoscenze, le capacità che ne derivano. A questo scopo serve specificare l’indirizzo del corso di studi, le materie caratterizzanti, la partecipazione a progetti, laboratori, attività interdisciplinari o PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento, ora denominate ‘Formazione Scuola-Lavoro’).
Stage, tirocini, volontariato, campi lavoro, periodi all’estero: qualsiasi esperienza dimostri un’attività strutturata, al di fuori del contesto scolastico, ha i numeri per valere come lavoro a tutti gli effetti. Nel curriculum deve perciò essere descritta come se lo fosse, e cioè indicando con precisione azienda o ente in cui si è svolta, periodo, mansioni, obiettivi raggiunti.
Per quanto riguarda le competenze, attenzione a non darle per scontate. Un profilo junior bilingue, che conosca l’italiano e una seconda lingua (magari extra-europea), e abbia piena dimestichezza con il mondo dei social media, può essere più competitivo di un senior in alcuni settori. Inoltre, oggi è di grande importanza avere flessibilità e resilienza: saper gestire lo stress, comunicare in modo efficace, pensare ‘out-of-the-box’, gestire in modo autonomo il tempo rappresentano una risorsa in moltissimi ambiti. Sarebbe un errore non evidenziarle.
Dare spazio alla motivazione
A chi seleziona interessa capire ciò che un candidato sa fare ma anche perché lo vuole fare: qual è la motivazione? Non importa se la candidatura è per un lavoro temporaneo o per la posizione a cui si aspira: in entrambe i casi c’è una ragione che porta in quella direzione e non in un'altra, ed esplicitarla nella forma giusta può segnare la linea di discrimine.
A parità di percorso, infatti, è l’atteggiamento a fare la differenza. Senza contare che la voglia di apprendere, l’energia e la curiosità sono i tipici tratti dei profili junior che tendono a mancare nei profili senior, e che in qualsiasi contesto professionale servono.
Lo spazio del curriculum vitae in cui far emergere questo aspetto è il profilo personale, che come abbiamo detto apre il CV e dà spazio a una breve presentazione di sé che include anche gli obiettivi, quindi ciò che si desidera imparare o costruire in prospettiva.
Altro luogo deputato è la lettera di presentazione, che si consiglia sempre di allegare al CV (anche quando non è esplicitamente richiesta) proprio perché consente di completare il quadro. Una lettera ben scritta, sintetica ma ben articolata, valorizza la personalità, che per ciascuno è diversa e, se resa in modo autentico, può a buon diritto compensare esperienze sul campo che non ci sono ancora.
Errori da evitare nel primo CV
Nella stesura del primo curriculum è facile commettere errori dovuti alla mancanza di familiarità con il format, che ha linee guida, buone pratiche e piccole malizie da tenere presenti. Eccone alcuni tra i più frequenti.
Usare contatti non professionali
L’indirizzo email deve essere composto da nome e cognome; nickname e simili non vanno bene per le comunicazioni di tipo professionale.
Inserire troppe informazioni
Quantità non è sinonimo di qualità. Un CV per il primo impiego fitto di testo contiene, con ogni probabilità, informazioni irrilevanti o comunque non funzionali al ruolo. Bisogna invece concentrarsi su ciò che è utile e valorizzarlo al meglio – proprio come abbiamo spiegato fin qui.
Essere generici e poco concreti
Ogni sezione deve essere completa di tutti le informazioni necessarie, contestualizzata e, se possibile, accompagnata da esempi o dati quantitativi, che rendono più credibile e solido il contenuto. Anche in un primo CV, in cui l’esperienza è limitata, è possibile inserirli (la quantità di ore svolte durante uno stage, il numero di persone coinvolte, le percentuali di completamento di un progetto).
Essere troppo informali (o troppo formali)
Un curriculum scritto con toni amichevoli o confidenziali compromette l’impressione di professionalità; al contrario, un linguaggio eccessivamente rigido può apparire artificioso, oltre a essere poco leggibile. La misura giusta è la sobrietà, che sta nel mezzo – naturale e rispettosa senza essere colloquiale.
Trascurare layout e formattazione
Al di là del fatto che anche l’occhio vuole la sua parte, l’impaginazione del documento è ciò che dà ordine ai contenuti, la formattazione ciò che dà corpo al testo, agevolando (o meno) la lettura. Margini regolari, spaziature adeguate, font ad alta leggibilità e della dimensione adeguata sono essenziali per rendere il documento scorrevole. A questo proposito, per risparmiare tempo e avere la certezza di impostare tutto nel modo corretto la soluzione più semplice è usare modelli di CV pre-impostati o CV builder online, che servono proprio per semplificare al massimo la creazione del documento e le successive modifiche.
Per concludere
Scrivere un CV per il primo impiego è prima di tutto un esercizio di consapevolezza. Oltre che un documento professionale, è un racconto che unisce il sapere appreso a scuola, l’esperienza acquisita sul campo (non necessariamente in ambito lavorativo tout court) e la motivazione verso ciò che si vuole diventare.
In un mercato del lavoro in cui la competizione tende a essere alta e la distinzione tra i profili a volte sottile, la capacità di presentarsi bene – con un CV strutturato, dall’aspetto professionale e dal contenuto autentico – può portare a risultati reali.
Per trasformare ciò che a molti appare come un punto di debolezza (la mancanza di esperienza) in un punto di forza, bisogna puntare su concretezza, voglia di imparare e disponibilità al cambiamento. Sono queste le qualità che tanti datori di lavoro cercano nei giovani, più ancora dell’esperienza. E fare un CV in grado di valorizzarle può portare molto più lontano di quanto si pensi.