Mobilità docenti: l’esodo verso il Sud e il rischio di cattedre scoperte al Nord
Mobilità docenti in aumento: sempre più insegnanti lasciano il Nord per il Sud. Carovita, stipendi fermi e nuove regole spingono il fenomeno.


Il fenomeno della mobilità dei docenti è in crescita, con molti insegnanti che lasciano il Nord per tornare al Sud. I dati di province come Treviso e Padova confermano questa tendenza, favorita dalle difficoltà economiche e dalle nuove deroghe sui trasferimenti. Il carovita e gli affitti elevati rendono difficile sostenere un tenore di vita dignitoso, spingendo anche il personale ATA a trasferirsi. Ciò rischia di lasciare le scuole settentrionali in difficoltà per la carenza di docenti, aggravando precariato e instabilità didattica.
Mobilità docenti: le nuove regole favoriscono il rientro al Sud
Quest’anno, il meccanismo dei trasferimenti è stato influenzato da nuove deroghe che hanno ampliato le possibilità di spostamento per i docenti di ruolo. Tra le modifiche più significative:
- L’aumento del punteggio per i figli fino a 16 anni (prima il limite era 14).
- Il riconoscimento di più punti per l’assistenza ai genitori over 65.
- Maggiori possibilità di trasferimento per i docenti con familiari disabili.
Queste novità hanno incentivato ulteriormente le richieste di trasferimento, in particolare da parte di quegli insegnanti che, a parità di stipendio, faticano a sostenere i costi elevati della vita nelle città settentrionali.
Carovita e affitti: il Nord perde appeal tra i docenti
Secondo numerosi insegnanti, il problema principale è il divario economico tra Nord e Sud. Angelo, docente originario di Gela e residente a Padova, racconta: “Con il mio stipendio, al Nord faccio fatica ad arrivare a fine mese. Gli affitti sono proibitivi e il costo della vita è altissimo. Per un supplente annuale, la situazione è ancora più difficile”.
A parità di stipendio, il potere d’acquisto di un docente cambia radicalmente tra città come Milano e Padova rispetto a realtà come Napoli o Palermo. Al Nord, gli affitti assorbono fino al 50% dello stipendio, mentre al Sud gli stessi importi garantiscono un tenore di vita più alto, con costi più bassi per beni e servizi essenziali.
Le conseguenze per le scuole: rischio cattedre scoperte e supplenze in aumento
Le domande di mobilità si sono chiuse il 25 marzo, con esiti attesi per il 23 maggio. Tuttavia, si teme che le scuole settentrionali possano ritrovarsi con numerose cattedre vacanti.
I sindacati avvertono che il Sud potrebbe non avere abbastanza posti per accogliere tutti i docenti in uscita, vista la saturazione delle scuole in molte province. Questo porterebbe a un effetto a catena, con il Nord sempre più carente di insegnanti e costretto a ricorrere a supplenti, spesso precari, per coprire i posti lasciati scoperti.
L’elevato turnover del personale scolastico rischia di compromettere la continuità didattica e la qualità dell’insegnamento, soprattutto nelle scuole di periferia o nelle zone già in difficoltà per la mancanza di docenti specializzati.
La necessità di interventi per riequilibrare il sistema
L’esodo dei docenti di ruolo verso il Sud solleva il problema della disparità tra Nord e Sud nel reclutamento del personale scolastico. Senza un riequilibrio salariale o incentivi economici per chi lavora nelle aree più costose, il divario tra le regioni potrebbe aumentare ulteriormente, con ripercussioni negative su tutto il sistema educativo.
La discussione sulle politiche retributive è più che mai aperta: senza misure concrete per rendere il Nord più attrattivo per gli insegnanti, il rischio è che la fuga dei docenti diventi un fenomeno strutturale, con effetti pesanti sulla qualità dell’istruzione e sull’equità nell’accesso all’educazione su scala nazionale.