NASpI e dimissioni dopo trasferimento: cosa sapere

NASpI e dimissioni dopo trasferimento: diritto alla disoccupazione se la nuova sede supera 50 km o 80 minuti di viaggio, senza bisogno di causa legale.

22 settembre 2025 15:23
NASpI e dimissioni dopo trasferimento: cosa sapere - Mobilità in filobus
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Un trasferimento può cambiare radicalmente la vita di un lavoratore: nuovi percorsi, spese aggiuntive e tempi di viaggio più lunghi. In questi casi, la scelta di dimettersi è frequente, ma resta il dubbio sul diritto alla NASpI. La legge, infatti, prevede un’eccezione per le dimissioni per giusta causa, che può tutelare chi subisce uno spostamento oneroso. Vediamo come funzionano le regole, i criteri di distanza e tempi e quando non serve alcuna causa legale.

NASpI e dimissioni per giusta causa

Di norma la NASpI spetta solo a chi perde il lavoro in modo involontario. Le dimissioni volontarie non danno diritto alla disoccupazione, salvo che vi sia una giusta causa. Questa si configura quando il datore di lavoro modifica in maniera insostenibile le condizioni, oppure in presenza di comportamenti gravi. In questi casi, la legge equipara le dimissioni a un licenziamento, permettendo l’accesso al sussidio di disoccupazione. Il trasferimento può rientrare tra queste situazioni se comporta un peggioramento significativo delle condizioni di vita e lavoro.

Trasferimento e criteri di distanza e tempo

Il trasferimento può rappresentare una giusta causa se non motivato da ragioni tecniche od organizzative, risultando quindi illegittimo. Tuttavia, anche i trasferimenti legittimi possono dare accesso alla NASpI quando risultano eccessivamente gravosi. L’INPS ha fissato due parametri: distanza superiore ai 50 km dalla residenza o un tempo medio di percorrenza oltre 80 minuti con i mezzi pubblici. Superare uno solo di questi limiti basta per far considerare le dimissioni involontarie, con diritto automatico alla disoccupazione.

È necessario ricorrere al giudice?

Un ricorso legale è utile solo nei casi di trasferimento illegittimo, dove va dimostrata l’assenza di motivazioni organizzative. Nei casi legati a distanza o tempi di viaggio eccessivi, invece, non serve intraprendere azioni giudiziarie: è sufficiente dimostrare che le condizioni fissate dall’INPS sono superate. In questo modo il lavoratore può accedere alla NASpI senza ulteriori complicazioni, tutelando il proprio diritto alla disoccupazione anche se ha scelto di dimettersi.

Dimettersi dopo un trasferimento non significa rinunciare alla NASpI. Se la nuova sede supera i limiti di distanza o di tempo stabiliti, le dimissioni sono considerate involontarie. In caso di trasferimento illegittimo, invece, può servire un ricorso. In entrambi i casi, la legge tutela il lavoratore che si trova a lasciare l’impiego per ragioni non dipendenti dalla propria volontà.

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