Ora di religione: la Cei apre al dialogo con gli studenti stranieri
La Chiesa scommette sull'ora di religione come ponte culturale per arginare il calo di iscritti e favorire l'inclusione.
L'ora di religione cattolica sta affrontando una progressiva diminuzione delle frequenze, complice la denatalità e la secolarizzazione. Per invertire la tendenza, la Cei punta su dialogo e integrazione, aprendo le porte agli alunni stranieri per trasformare le lezioni in un laboratorio di convivenza civile e culturale.
La strategia della Cei per l'insegnamento
Il calo demografico e i mutamenti sociali hanno reso le aule sempre più vuote durante l'insegnamento della religione. Di fronte a questo scenario, la Conferenza Episcopale Italiana ha diffuso una nota pastorale che invita a considerare la presenza di studenti non italiani come un'opportunità e un dono. Il cardinale Matteo Zuppi evidenzia come la scuola debba evolversi in un luogo di accoglienza e integrazione, dove le differenze non spaventano ma arricchiscono. L'obiettivo è rinnovare la didattica per offrire percorsi che favoriscano la conoscenza reciproca in un mondo globalizzato, rendendo la materia attraente anche per chi proviene da tradizioni differenti.
L'ora di religione come spazio di confronto
In questo contesto, l'ora di religione non vuole essere un semplice catechismo, ma uno strumento per comprendere la complessità odierna. Secondo i vescovi, questa materia è fondamentale per offrire agli studenti letture critiche della realtà e per superare la marginalizzazione dell'esperienza spirituale. La proposta educativa mira a costruire una convivenza pacifica e solidale, contrastando la solitudine giovanile e le logiche di conflitto. Accompagnare i ragazzi verso una maggiore consapevolezza culturale del patrimonio italiano diventa quindi una priorità, trasformando l'aula in uno spazio fecondo per il dialogo tra diverse visioni del mondo.
I dati sul calo delle adesioni
Le statistiche rendono evidente l'urgenza di un intervento: oggi uno studente su sei decide di non frequentare le lezioni di religione. Il fenomeno registra picchi notevoli negli istituti professionali del Nord, spesso frequentati da un alto numero di studenti stranieri. Città come Firenze vedono ormai un sorpasso laico, con la maggioranza degli iscritti che sceglie attività alternative. Ecco i dati più rilevanti sulla mancata adesione:
Firenze: oltre il 51,5% degli studenti non si avvale dell'insegnamento.
Bologna e Aosta: percentuali di abbandono rispettivamente del 47,3% e 43,6%.
Ivrea: record negativi negli istituti tecnici con picchi vicini al 90%. Al contrario, le scuole del Sud Italia mantengono ancora i tassi di partecipazione più alti a livello nazionale.