Paolo Crepet: educare togliendo, la lezione ai genitori
Paolo Crepet propone la pedagogia della sottrazione: meno eccessi, più limiti. Educare togliendo per far crescere desiderio, autonomia e forza nei giovani
Paolo Crepet invita a ripensare l’educazione contemporanea: non “dare di più”, ma “togliere”. Ridurre e sottrarre non per punire, ma per restituire valore al desiderio, alla fatica e alla crescita autonoma. Una pedagogia che sfida l’idea del “tutto e subito” e propone il coraggio del limite come atto educativo
Crepet: il valore del “no” e del limite
Per Crepet, educare significa sottrarre: rimuovere il superfluo, porre limiti, non soddisfare ogni richiesta. Un tempo, il “no” aveva una funzione educativa riconosciuta: segnava confini, insegnava a rispettarli. Oggi, spesso percepito come un atto repressivo, viene evitato, generando un vuoto di orientamento nei giovani. Senza limiti, tutto appare indistinto, privo di significato e di desiderio. Crepet sottolinea che dire “no” non è negare amore, ma insegnare responsabilità: un genitore che pone confini offre al figlio l’opportunità di crescere, non di essere accontentato.
Sottrarre per far emergere
La pedagogia della sottrazione non è rinuncia, ma atto di fiducia: togliere spazio all’eccesso per permettere la nascita di qualcosa di autentico. Troppi stimoli, oggetti e facilitazioni creano apatia: bambini circondati da giochi, adolescenti pieni di promesse e adulti senza desiderio. Il desiderio nasce dal vuoto, non dall’abbondanza. Educare togliendo significa lasciare uno spazio fertile di mancanza, in cui il ragazzo possa sviluppare autonomia, motivazione e capacità di scelta. Solo chi sperimenta il limite impara a dare valore a ciò che ha.
Fragilità protetta e forza nascosta
Secondo Crepet, l’iperprotezione rende i ragazzi fragili, non perché siano incapaci, ma perché non hanno mai affrontato veri ostacoli. La pedagogia del “più” — più cure, più rassicurazioni, più scorciatoie — impedisce loro di conoscere la resilienza. Togliere significa esporre al rischio educativo del fallimento, permettere che la fatica diventi occasione di maturazione. È un’educazione silenziosa, che non fornisce sempre risposte, ma attende che il giovane le trovi. Un’educazione che restituisce spessore all’esperienza e forza alla crescita.