Percorsi sostegno: Uniti per Indire si interroga sulla legittimità della tassa d'esame
Specializzandi in rivolta per la tassa d'esame extra di 150€ che supera i massimali normativi. Comunicazione assurda con scadenze già passate.
Una polemica investe i percorsi di specializzazione sul sostegno in un Ateneo italiano. Al centro del dibattito c'è l'introduzione di una tassa d'esame aggiuntiva, percepita come un balzello illegittimo che viola i tetti di spesa. Gli specializzandi denunciano costi imprevisti e una gestione dalle scadenze paradossali.
Tassa d'Esame o biglietto d'ingresso? Le ombre sui costi finali richiesti da alcuni Atenei
Una questione spinosa e, a quanto pare, economicamente salata, sta emergendo in questi giorni riguardo la gestione dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico da parte di un Ateneo del territorio nazionale.
Il cuore della polemica è l'introduzione di una "tassa d'esame" aggiuntiva, richiesta agli specializzandi per poter essere convocati e partecipare alla prova finale del percorso. Un balzello che, in assenza di chiare motivazioni, viene percepito dagli studenti come un vero e proprio "biglietto d'ingresso" all'ultima tappa del corso.
I Limiti di costo normativi e il superamento: è illegittimo?
Il primo e più importante interrogativo riguarda la legittimità di questo costo, soprattutto in relazione ai massimali previsti per legge per i diversi percorsi post-concorsuali.
La normativa stabilisce dei tetti di spesa ben precisi a seconda del numero di Crediti Formativi Universitari (CFU) da acquisire: 900€ per i percorsi da 36 CFU, 1.300€ per i percorsi da 40 CFU destinati ai "triennalisti" (Art. 6), e 1.500€ per i percorsi da 48 CFU (Art. 7).
L'Ateneo in questione ha già richiesto una quota di iscrizione che ha portato il costo complessivo del corso oltre il limite di queste soglie massime, a seconda del percorso seguito dal corsista.
Ora, la sorpresa: viene richiesta una somma aggiuntiva di 150€, presentata come costo per l'esame finale, che va ad aggiungersi all'onere già sostenuto. Questo importo supplementare innalza ulteriormente il bilancio finale, superando di 300 € il tetto massimo previsto dalla legge per la loro categoria.
Ci domandiamo: sono questi costi legittimi? L'introduzione di un costo di 150€ come "biglietto d'ingresso" all'esame finale, dopo aver già superato il tetto massimo di spesa (sia esso di 900€, 1.300€ o 1.500€), rappresenterebbe una palese violazione del limite finanziario imposto. La gestione finanziaria dei corsi deve includere tutti gli oneri a carico del corsista, compreso l'esame finale, entro il massimale stabilito dal Ministero. Inoltre: perché i corsisti non erano stati informati sul bando?
L'assurdità della comunicazione: elogio alla "precisione" amministrativa
A rendere la situazione ancora più grottesca è la tempistica della comunicazione. In un esempio che meriterebbe di essere studiato nei manuali di inefficienza amministrativa, l'Ateneo ha richiesto agli studenti di versare l'importo aggiuntivo entro un termine perentorio: il 9 novembre.
Il dettaglio che sfugge è che la comunicazione ufficiale che informava di questa scadenza e del nuovo costo è stata diramata soltanto il 28 novembre.
Un plauso alla precisione! L'Ateneo ha dimostrato una tale attenzione al dettaglio da chiedere il pagamento 18 giorni dopo che il pagamento era "dovuto". L'ipotesi più benevola (e francamente più probabile) è che la data del 9 novembre sia il frutto di un frettoloso copia e incolla dell'ultima ora, preso da un calendario di scadenze ormai obsolete o da un documento riguardante un altro corso. Questo non solo è imbarazzante, ma solleva anche seri dubbi sulla cura e la professionalità con cui viene gestito un percorso formativo così delicato.
I soldi vanno allo Stato? Richiesta di trasparenza
Di fronte alle legittime richieste degli specializzandi, la risposta fornita dall'Ateneo è stata vaga e nebulosa: si tratterebbe di somme che "vanno allo Stato".
Questa giustificazione, tuttavia, non fornisce la necessaria chiarezza e trasparenza che l'utenza si aspetta. È lecito, e anzi doveroso, domandare:
Qual è l'esatta natura contabile di questi 150€?
Quale norma di legge, specifica per questi percorsi, prevede una "tassa d'esame" che, sommandosi al costo del corso, supera il tetto massimo imposto di 900€, 1.300€ o 1.500€?
Se la somma è destinata allo Stato, perché non è stata inclusa nel piano finanziario iniziale e gestita in modo trasparente sin dall'inizio, anziché essere richiesta post factum in modo così frettoloso e confuso?
Il bilancio finale di questa gestione amministrativa non appare in linea con i principi di correttezza e trasparenza. Gli specializzandi non meritano di essere trattati come una fonte di introito extra attraverso costi dell'ultimo minuto che violano i limiti di spesa stabiliti.
Sarebbe auspicabile che questo "biglietto d'ingresso" all'esame finale venisse ritirato immediatamente e che l'Ateneo fornisse una spiegazione chiara e documentata sulla legittimità di ogni singolo costo sostenuto.
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