Riscatto della laurea: costi, tassazioni e novità sul 'DdL 900 euro'
Il riscatto laurea conviene nel 2025? Analisi dei costi, del regime fiscale e delle possibili riforme per la pensione.
                                                            Il Riscatto della laurea 2025 resta un'opzione complessa per i contributi pensionistici. Valutare se conviene riscattare gli studi richiede un'attenta analisi dei costi, che variano tra metodo ordinario e agevolato (fissato a 6.123,15 € annui per il 2025). Non si tratta solo di anticipare la pensione, ma di bilanciare benefici fiscali (deducibilità) e impatto sull'assegno futuro, evitando trappole strategiche.
Come funziona il riscatto della laurea nel 2025
L'istituto del riscatto della laurea, normato dal D.Lgs 184/97, permette di trasformare gli anni di studio universitario in anzianità contributiva versando un onere specifico. È essenziale chiarire che l'obiettivo non è garantire un anticipo automatico della pensione. Sebbene possa aiutare, lo scopo principale è duplice: incrementare l'anzianità totale per raggiungere i requisiti (come i 42 anni e 10 mesi per la pensione anticipata ordinaria) o aumentare il montante contributivo, specialmente per chi rientra nel sistema contributivo, influenzando così l'importo dell'assegno.
La platea dei beneficiari è ampia. Include lavoratori dipendenti (pubblici e privati), autonomi (artigiani, commercianti) e liberi professionisti. Una categoria chiave è quella degli "inoccupati": soggetti che, al momento della domanda, non hanno ancora iniziato a lavorare. Questa opzione permette loro (o ai familiari) di iniziare ad accumulare contributi. Non tutti i percorsi sono validi: si può riscattare solo la durata legale del corso. Sono esclusi gli anni "fuori corso" e i periodi già coperti da altra contribuzione (es. lavoro o cassa integrazione). Sono ammessi diplomi universitari (2-3 anni), lauree triennali, specialistiche, magistrali, dottorati di ricerca e titoli AFAM.
Riscatto della laurea: i costi 2025 e i benefici fiscali
Il costo è l'elemento più variabile. La scelta principale è tra metodo ordinario e agevolato. Il riscatto agevolato ("light"), accessibile a chi ha periodi nel sistema contributivo, ha un costo forfettario. Per il 2025, l'importo esatto è di 6.123,15 € per ogni anno, calcolato applicando l'aliquota del 33% al minimale imponibile (18.555,00 €). Il riscatto ordinario dipende invece dalla retribuzione e dal periodo. Se gli studi sono post-1996 (contributivo), si applica l'aliquota (es. 33%) alla RAL degli ultimi 12 mesi (es. 9.900 €/anno su RAL di 30.000 €). Se gli studi sono ante-1996 (retributivo), si usa la "riserva matematica", un calcolo attuariale complesso che cresce con l'età e la RAL, diventando spesso proibitivo. Fondamentale è il beneficio fiscale. Per i lavoratori attivi, l'onere è interamente deducibile dal reddito (Rigo E21), con un risparmio pari all'aliquota IRPEF marginale. Se un genitore paga per un figlio "inoccupato" e fiscalmente a carico, si applica la detrazione IRPEF al 19% (Rigo E8/E10).
Le strategie di calcolo e le riforme future
La scelta del metodo di calcolo nasconde insidie strategiche. Per i lavoratori "contributivi puri" (carriera post-1996), il dilemma è semplice: l'agevolato costa meno oggi (6.123,15 €) ma incrementa il montante contributivo meno dell'ordinario (es. 9.900 €), portando a una pensione futura leggermente inferiore. La "trappola" principale riguarda i lavoratori "misti" (con contributi pre-1996). Se usano il riscatto agevolato per periodi pre-1996, risparmiano molto sull'onere, ma la legge impone l'opzione irrevocabile per il calcolo dell'intera pensione con il sistema contributivo, rinunciando al più vantaggioso calcolo retributivo.
Si paga meno oggi per avere una pensione quasi certamente più bassa domani. All'orizzonte 2026 si profila inoltre una riforma settoriale (DdL 1413/2025), mirata al solo comparto scuola (docenti, ATA). La proposta "DdL 900€" mira a un riscatto super-agevolato (circa 900 €/anno) per favorire il turnover. Lo svantaggio è un potenziale taglio significativo dell'assegno pensionistico, stimato in una perdita netta di circa 170 € al mese.