Scuola intitolata a Sergio Ramelli: le riflessioni del CNDDU
Il CNDDU interviene sull'intitolazione di una scuola a Sergio Ramelli a Nardò, invitando ad evitare scontri ideologici divisivi.
Il dibattito sulla decisione di intitolare una scuola a Sergio Ramelli a Nardò solleva questioni cruciali sul ruolo delle istituzioni. È fondamentale preservare la memoria storica senza trasformare l'istruzione in un campo di battaglia per la politica nazionale.
Nardò, intitolazione di una scuola a Sergio Ramelli: la scuola non sia terreno di scontro ideologico
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani segue con attenzione e senso di responsabilità il dibattito sorto attorno alla decisione della Giunta comunale di Nardò di intitolare una scuola allo studente Sergio Ramelli, vittima di un tragico omicidio politico avvenuto negli anni Settanta.
Riteniamo doveroso, in un momento in cui il confronto pubblico rischia di polarizzarsi, richiamare alcuni principi che dovrebbero orientare ogni scelta che coinvolga il mondo della scuola, luogo per sua natura deputato alla formazione delle coscienze critiche, al rispetto del pluralismo e alla costruzione di una memoria condivisa, mai strumentale.
La scuola non è – e non deve diventare – terreno di contesa ideologica. È uno spazio educativo fondato sui valori costituzionali dell’antifascismo, della democrazia, della pace e della dignità della persona. Proprio per questo, ogni decisione che riguardi la sua intitolazione richiede un percorso trasparente, partecipato e rispettoso delle procedure previste dalla normativa vigente, che attribuisce un ruolo centrale agli organi collegiali e alla comunità scolastica.
Il Coordinamento ritiene che la memoria delle vittime della violenza politica meriti sempre rispetto e pietà umana, senza distinzioni. Tuttavia, il riconoscimento pubblico, specie quando riguarda un’istituzione educativa, non può prescindere da una valutazione attenta del contesto storico, del valore simbolico delle scelte e delle loro ricadute educative. La scuola non può essere chiamata a “ricucire” fratture storiche attraverso atti unilaterali o politicamente connotati, né a farsi carico di messaggi che rischiano di essere letti come divisivi.
L’idea che l’intitolazione di un istituto scolastico possa diventare strumento di “pacificazione” impone una riflessione profonda: la riconciliazione autentica passa attraverso lo studio critico della storia, il riconoscimento delle responsabilità, il rifiuto di ogni forma di violenza politica e l’educazione al dialogo, non attraverso scelte simboliche calate dall’alto.
In questo senso, il richiamo alla prudenza e al rispetto delle procedure istituzionali appare non solo opportuno, ma necessario. L’intervento della Prefettura, previsto dalla normativa, rappresenta una garanzia di equilibrio e di legalità, non un ostacolo ideologico.
Il Coordinamento Nazionale Docenti dei Diritti Umani auspica che l’intera vicenda possa diventare occasione di confronto maturo, lontano da strumentalizzazioni, e che si riaffermi con forza il ruolo della scuola come presidio di democrazia, inclusione e responsabilità civile. Solo così la memoria potrà davvero essere educazione, e non motivo di ulteriore divisione.
prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU