Stress da lavoro correlato: aumento le sentenze ed è più facile ottenere l'indennizzo Inail

Le nuove sentenze e le linee guida Inail 2025 rafforzano la tutela per lo stress da lavoro correlato, alleggerendo la prova a carico dei dipendenti.

A cura di Scuolalink Scuolalink
27 ottobre 2025 12:00
Stress da lavoro correlato: aumento le sentenze ed è più facile ottenere l'indennizzo Inail - Rischio Burnout
Rischio Burnout
Condividi

Ottenere l'indennizzo Inail per lo stress da lavoro correlato è oggi più accessibile. Grazie a recenti sentenze e all'aggiornamento delle linee guida Inail 2025, i lavoratori ricevono maggiore tutela. Non è più necessario dimostrare l'intento colposo del datore. Decisivo è solo il nesso causale tra l'attività lavorativa e la patologia psico-fisica documentata.

Lo stress da lavoro correlato come malattia professionale

Lo svolgimento dell'attività lavorativa, specialmente in contesti organizzativi disfunzionali, ad alta pressione o con mansioni particolarmente usuranti, può generare disagi significativi per il lavoratore. Questi disagi non si limitano alla sfera fisica, ma investono prepotentemente anche quella psicologica. Per lungo tempo, la salute mentale nei luoghi di lavoro è stata considerata un aspetto secondario, o addirittura un tabù, rispetto ai danni fisici evidenti e immediatamente quantificabili. Mentre un infortunio fisico, come una frattura o un taglio, trova quasi sempre immediato riconoscimento come tale, le patologie derivanti da un malessere psicologico cronico hanno faticato molto di più a emergere e ad essere legalmente riconosciute.

Tuttavia, la giurisprudenza italiana, con un'evoluzione costante, ha progressivamente colmato questo profondo divario. Oggi, lo stress da lavoro correlato, quando clinicamente diagnosticato e comprovato da certificazione medica, deve essere trattato alla stregua di qualsiasi altra patologia fisica. Un punto di svolta cruciale in questo percorso è rappresentato dall'ordinanza n. 5066/2018 della Corte di Cassazione. Questa importante decisione ha stabilito che lo stress causato dall'ambiente di lavoro deve essere indennizzato dall'Inail, indipendentemente dalle malattie tabellate, ovvero quelle già elencate negli elenchi ufficiali dell'Istituto come di presunta origine professionale.

Indennizzo Inail: le novità 2025 e il nesso causale

Il principio fondamentale stabilito dalla Cassazione nel 2018, in realtà, non nasce dal nulla, ma affonda le sue radici in una precedente e altrettanto fondamentale sentenza (n. 5577/1998). Già alla fine degli anni Novanta, la Suprema Corte aveva esteso l'obbligo di assicurazione a tutte le malattie professionali, comprese quelle non tabellate, superando di fatto i limiti rigidi degli elenchi Inail. La Corte ha così spostato l'attenzione dall'elenco delle malattie al nesso causale: l'elemento fondamentale e imprescindibile per l'indennizzo è la capacità di dimostrare che la patologia psico-fisica diagnosticata sia una conseguenza diretta e prevalente dell'attività lavorativa.

Questa valutazione non si limita alle specifiche mansioni, ma considera l'ambiente di lavoro nella sua generalità: l'organizzazione, i rapporti gerarchici, i carichi e i ritmi. Questo orientamento, più volte confermato anche dalla Corte Costituzionale, è oggi un pilastro della tutela del lavoratore. Il 2025 segna un ulteriore, significativo progresso. Sono state finalmente aggiornate le linee guida Inail per la valutazione dello stress lavoro-correlato, che erano rimaste ferme alla versione del 2017. Parallelamente, è stato introdotto un nuovo modulo specifico per la richiesta di risarcimento, una mossa che mira a snellire e uniformare l'iter burocratico per il riconoscimento.

Prova e tutele: cosa cambia per il lavoratore

L'orientamento consolidato della Cassazione trova ora riscontro concreto anche nella giurisprudenza di merito. La recente sentenza n. 337/2025 del tribunale di Reggio Emilia ha ulteriormente alleggerito l'onere probatorio a carico dei dipendenti. Il tribunale ha chiarito che l'indennizzo Inail non è subordinato alla volontà del datore di lavoro o a un suo intento specifico. Nel caso analizzato, è stato stabilito che il dipendente non è tenuto a provare l'intento persecutorio (come nel mobbing), la negligenza specifica o il danno volontario da parte dell'azienda.

Se esistono disturbi psichici documentati (come ansia, depressione o disturbo dell'adattamento) e se ne accerta la casualità rispetto al lavoro, l'indennizzo è dovuto. Questo vale anche se l'azienda non "voleva" attivamente causare quel danno. Ad esempio, la sentenza di Reggio Emilia ha riconosciuto l'indennizzo a una dipendente vittima di discriminazioni e pressioni che avevano causato uno stress cronico invalidante. In sintesi, il lavoratore deve, tramite perizia medico-legale, provare la patologia e la sua riconducibilità all'ambiente lavorativo. Qualsiasi malattia è indennizzabile, purché dovuta al lavoro.

Le migliori notizie, ogni giorno, via e-mail