Voto scolastico, strumento di selezione: il pedagogista Corsini smonta il mito della valutazione
Cristiano Corsini critica il voto scolastico: è un capriccio adulto che seleziona, demotiva, reprime la curiosità e perpetua disuguaglianze educative
Cristiano Corsini, pedagogista e autore de La fabbrica dei voti, critica duramente il sistema scolastico basato sulla valutazione numerica. Il voto, da strumento educativo, si è trasformato in una pratica selettiva e demotivante che produce disaffezione verso lo studio e ostacola l’apprendimento autentico, alimentando disuguaglianze e logiche riproduttive
La fabbrica dei numeri e la crisi dell’apprendimento per il voto
Per Corsini, docente di pedagogia sperimentale all’Università Roma Tre, il voto è diventato il prodotto principale della scuola: si assegnano numeri in abbondanza, spesso più del necessario, e questi si trasformano in etichette permanenti, difficili da rimuovere. L’effetto è la creazione di gabbie identitarie, in cui bambini e ragazzi finiscono per identificarsi, smarrendo il senso autentico dell’apprendimento. Il problema, sottolinea Corsini, non è solo quantitativo ma profondamente qualitativo: la scuola ha assunto la forma di una catena di montaggio, dove i numeri contano più dei processi educativi.
Il voto come strumento di selezione e demotivazione
Il voto, spiega Corsini, nasce storicamente per selezionare, non per migliorare. È uno strumento pensato per classificare gli studenti, non per aiutarli a crescere. Questa origine selettiva permane ancora oggi: si premiano i migliori e si escludono i più deboli, alimentando una cultura della competizione che ostacola la cooperazione e la solidarietà in aula. Sul piano motivazionale, le ricerche mostrano che il feedback descrittivo stimola di più rispetto al voto. Quando i docenti scelgono di valutare in modo qualitativo, gli studenti si appassionano maggiormente alle discipline, mentre la valutazione numerica tende a ridurre l’interesse al solo conseguimento del punteggio.
'Capriccio adulto' e perdita di senso
Definire il voto come “capriccio adulto” non è una provocazione, ma una constatazione metodologica. Corsini chiarisce che il voto non è obbligatorio nella valutazione in itinere, e che ciò che dovrebbe essere davvero richiesto è un riscontro utile, descrittivo, illuminante. Tuttavia, la scorciatoia del numero è spesso preferita dai docenti per risparmiare tempo, a scapito della qualità dell’insegnamento. Questo comportamento, sottolinea Corsini, toglie opportunità reali di apprendimento a bambini e ragazzi. Si crea così un meccanismo che non serve a comprendere, ma a misurare, riducendo la scuola a un luogo di giudizio più che di crescita.
L’introiezione del sistema e le disuguaglianze riprodotte
Il fenomeno più pervasivo è l’introiezione del voto da parte degli studenti, che arrivano a difenderlo credendo che rappresenti il giusto riconoscimento di uno sforzo. Ma questa convinzione nasconde una distorsione: si studia per il voto, non per il sapere, perdendo ogni motivazione intrinseca. In questo contesto, gli adulti decidono cosa è importante sapere, svuotando di senso la partecipazione attiva e autonoma allo studio. Il sistema valutativo, conclude Corsini, accentrando tutto il potere negli adulti, priva gli studenti di una crescita libera e riproduce le stesse disuguaglianze che dovrebbe combattere, confermando la funzione classista della scuola.