USA: studente chiede a un chatbot come uccidere un compagno

Un 13enne arrestato negli Usa per aver chiesto a un chatbot come uccidere un compagno. Il caso riapre il dibattito sulla privacy digitale.

09 ottobre 2025 12:06
USA: studente chiede a un chatbot come uccidere un compagno -
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Un tredicenne americano è stato arrestato dopo aver chiesto a un chatbot di intelligenza artificiale come uccidere un compagno di classe. Il sistema di monitoraggio della scuola ha segnalato la conversazione alle autorità, riaccendendo il dibattito su privacy, controllo digitale e sicurezza nelle scuole.

Chatbot e minaccia digitale: scatta l’arresto del tredicenne

Negli Stati Uniti un ragazzo di 13 anni è stato arrestato dopo aver interrogato un chatbot con una domanda inquietante: “Come uccidere un compagno di classe?”. La segnalazione è arrivata grazie a una piattaforma di monitoraggio automatico che analizza in tempo reale le attività digitali degli studenti, individuando parole chiave potenzialmente pericolose.
Le autorità sono intervenute immediatamente presso la scuola, fermando il minore e attivando i protocolli di sicurezza. Il ragazzo è stato condotto in una struttura detentiva giovanile, mentre proseguono le indagini per chiarire il contesto dell’episodio. La sua identità non è stata divulgata per motivi di tutela della privacy, ma il caso ha già sollevato grande allarme tra genitori e insegnanti, preoccupati per l’uso improprio degli strumenti di intelligenza artificiale tra i più giovani.

“Era uno scherzo”: la giustificazione non convince le autorità

Durante l’interrogatorio, il tredicenne ha dichiarato di aver agito “per scherzo”, sostenendo di voler soltanto provocare un amico. Tuttavia, la giustificazione non è bastata a evitare l’arresto. Le forze dell’ordine hanno ribadito che, in un Paese segnato da numerosi episodi di violenza scolastica, nessuna minaccia può essere presa alla leggera.
Secondo la polizia, l’intento del ragazzo non cambia la gravità del gesto: scrivere o pronunciare simili parole in un contesto educativo, anche con intento goliardico, rappresenta un comportamento potenzialmente pericoloso. Gli investigatori hanno invitato le famiglie a monitorare l’uso dei dispositivi digitali e a dialogare con i figli sull’impatto delle loro azioni online. “Ogni parola conta — ha dichiarato il portavoce — e ogni segnale va valutato con la massima attenzione.”

Sicurezza o sorveglianza? Il dibattito sulla privacy digitale

L’episodio ha riaperto negli Usa il confronto tra sicurezza scolastica e tutela della privacy. I sistemi di monitoraggio utilizzati in molte scuole americane, basati su intelligenza artificiale, analizzano chat, email e documenti per individuare segnali di bullismo, autolesionismo o minacce. Sebbene spesso efficaci, questi strumenti sollevano preoccupazioni etiche, generando falsi allarmi e alimentando la sensazione di un controllo costante.
Gli esperti di educazione digitale sottolineano la necessità di un equilibrio tra prevenzione e libertà personale: la tecnologia può essere un alleato per la sicurezza, ma solo se accompagnata da un’adeguata educazione all’uso consapevole. Il caso del tredicenne arrestato diventa così un simbolo dei dilemmi del nostro tempo, in cui la tutela dei minori incontra i limiti della sorveglianza digitale.

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