Vecchi a 35 anni? La generazione Z riscrive le regole sull’età
Secondo la Generazione Z, si è già vecchi a 35 anni. Un'indagine svela come cambia la percezione dell’età tra giovani, celebrità e ricerca scientifica.
La vecchiaia non è più solo una questione biologica: per la generazione Z essere “vecchi” è legato soprattutto alla capacità di restare al passo con i tempi, con i linguaggi digitali e con i codici culturali che dominano l’era social. Un recente sondaggio ha fotografato la sorprendente percezione dell’età tra i più giovani, evidenziando un divario tra realtà anagrafica e percezione sociale. Ecco cosa pensano i nati tra il 1997 e il 2012 – e anche alcuni Millennial – su quando si inizia davvero a invecchiare.
Generazione Z: vecchi già a 35 anni
Un’indagine condotta da EduBirdie su un campione di 2.000 giovani appartenenti alla Generazione Z e ai Millennial più giovani ha rivelato risultati spiazzanti: per molti di loro la soglia della vecchiaia si raggiunge già attorno ai 35 anni.
Nel dettaglio, il 22% degli intervistati considera questa età come l’inizio della vecchiaia. Per il 6%, il processo di “invecchiamento sociale” comincia addirittura a 30 anni, e per un ulteriore 3%, già a 28 anni non ci si può più considerare giovani. In una società dove i traguardi personali come carriera e famiglia si raggiungono spesso proprio intorno ai 35 anni, questa percezione risulta ancora più significativa.
Oltre il crinale: cosa rappresenta davvero l’età?
Nel linguaggio anglosassone, il termine “over the hill” (letteralmente “oltre la collina”) è spesso usato per indicare qualcuno che ha superato il culmine della giovinezza. Secondo il 13% dei partecipanti al sondaggio, il passaggio si verifica proprio a 35 anni.
Tuttavia, le risposte si dividono anche tra chi colloca questa soglia a 40 anni (26%), a 50 (21%) o addirittura a 60 anni (31%). Il dato aggregato, però, mostra come nella visione della Gen Z la fascia compresa tra i 35 e i 60 anni rappresenti un territorio di transizione verso la vecchiaia.
I veri segnali della vecchiaia? Non capire TikTok e i meme
La percezione dell’età, per i più giovani, non è determinata da rughe o capelli bianchi. È “vecchio” chi non padroneggia i riferimenti culturali e digitali in voga: chi non sa cosa sia un trend di TikTok, chi non decifra un meme, chi non parla lo slang corrente.
Ma attenzione: secondo i ragazzi, è ancora peggio chi prova forzatamente a imitare i giovani. Questo tentativo di “mimetizzazione” è visto come poco autentico, persino ridicolo. Essere fedeli alla propria età e accettarne il linguaggio è considerato molto più dignitoso – e meno “cringe”.
Star “datate”: chi è già fuori moda secondo i giovani
Nell’immaginario della Generazione Z, anche alcune celebrità sono ormai catalogate come “vecchie”. Tra questi nomi compaiono Taylor Swift, Emma Watson e Daniel Radcliffe, tutti nati alla fine degli anni Ottanta. Anche icone come Katy Perry o LeBron James, nati nel 1984, sono considerati ormai parte di un’altra epoca.
E cosa dire di Madonna, George Clooney o Brad Pitt? Per i nativi digitali, queste star fanno parte di un mondo che appare sempre più lontano, quasi “vintage”.
La scienza dissente: la vecchiaia inizia (molto) più tardi
Se i giovani collocano l’inizio della vecchiaia intorno ai 35 anni, la scienza ha un’opinione ben diversa. Secondo uno studio condotto dall’Università Humboldt di Berlino, il processo di invecchiamento vero e proprio non inizia prima dei 74 anni. Lo sostiene Markus Wettstein, uno degli autori della ricerca, sottolineando come l’allungamento dell’aspettativa di vita e il miglioramento delle condizioni fisiche e sociali abbiano spostato in avanti la soglia della terza età. “Oggi – spiega lo studioso – persone che in passato sarebbero state considerate anziane non lo sono affatto. L’invecchiamento è stato ridefinito.”
Due mondi a confronto
Il confronto tra le percezioni giovanili e i dati scientifici evidenzia un netto scollamento tra generazioni. Da un lato, c’è chi vive immerso in un presente digitale che cambia velocemente e giudica la vecchiaia in base alla capacità di restare aggiornati. Dall’altro, la visione medico-scientifica ricorda che essere anziani significa qualcosa di molto più profondo e fisiologico.
Forse, più che una questione di età, la “vecchiaia” oggi è una questione di rilevanza culturale. E la sfida, per tutte le generazioni, è trovare il modo di restare autentici – non giovani a tutti i costi.