Verso la leva obbligatoria anche per le donne? Il riarmo europeo e il prezzo della pace
Europa verso la leva obbligatoria per tutti? Il riarmo divide politici e intellettuali tra paure, interessi bellici e futuro delle nuove generazioni.
Mentre l’Unione Europea discute di un possibile riarmo e di un esercito comune, intellettuali come Roberto Saviano e Tomaso Montanari lanciano l’allarme: il prossimo passo potrebbe essere il ritorno della leva obbligatoria, estesa anche alle donne. Ma dietro la corsa alle armi si nascondono interrogativi inquietanti: a chi conviene davvero questo riarmo? E che futuro si sta preparando per le nuove generazioni europee?
Il ritorno della leva obbligatoria: uomini e donne sotto le armi?
Durante un acceso dibattito su Otto e Mezzo su La7, lo scrittore Roberto Saviano ha sollevato una questione cruciale: se la politica del riarmo europeo continuerà a svilupparsi come auspicano molti governi, non sarà improbabile un ritorno alla leva obbligatoria, questa volta estesa anche alle donne. Una prospettiva che riporta in auge scenari che l’Europa credeva ormai superati.
Un esercito europeo? Più facile dirlo che farlo
La costituzione di un esercito comune europeo, oggi, appare ancora lontana. Di fronte a tale impossibilità, i singoli Stati dell’Unione sembrano orientarsi verso un riarmo individuale, sviluppando eserciti nazionali con catene di comando proprie e arsenali autonomi.
Questa frammentazione riflette l’assenza di una vera politica estera comune e di una visione federale condivisa tra gli Stati membri. E nel frattempo, chi userà tutte queste armi?
I corpi dei nostri figli
Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, sottolinea l’aspetto umano e sociale del problema: “Se si parla di armi, bisogna anche parlare dei corpi che le useranno: quelli dei nostri figli. Non si tratterebbe di una guerra per procura, ma di una guerra combattuta da europei, per interessi che non sempre coincidono con i valori che l’Europa dice di rappresentare”.
E aggiunge: “La guerra costa più della pace, non solo in denaro, ma soprattutto in vite umane. I cittadini europei devono rendersene conto”.
Il nodo del federalismo mancato
Secondo Montanari, il vero problema è culturale. “Invece di accelerare sulla costruzione di un’Europa federale, i leader europei continuano a mettere in primo piano gli interessi nazionali. Questo non crea una comunità, ma una somma di egoismi. E pensare di risolvere tutto con le armi è il segno del fallimento della classe dirigente”.
Un’Europa che si costruisce ancora con il “Manuale Cencelli” degli interessi di bottega, come evidenziato dall’invito del presidente della Repubblica italiana a votare un commissario europeo in quanto italiano, piuttosto che per la sua visione continentale.
Saviano: “La leva obbligatoria sarà inevitabile”
Anche Saviano condivide la preoccupazione di Montanari: “Una volta decisa la via del riarmo, il passo successivo sarà inevitabile: la leva obbligatoria per uomini e donne in tutta Europa”. E in un continente dove da decenni si è smantellato progressivamente il servizio militare obbligatorio, il ritorno a questa misura sarebbe un cambiamento epocale.
Un nemico esterno esiste davvero?
Nel dibattito pubblico europeo, però, manca una riflessione fondamentale: chi è il nemico? È realistico pensare a un’invasione militare della Russia o della Cina in Europa? Davvero Putin rischierebbe di bombardare l’Italia, la Francia o la Germania, nel cuore della civiltà e dell’arte occidentale, per poi trovarsi a gestire le macerie?
Lo stesso vale per la Cina: perché dovrebbe invadere militarmente un continente con cui intrattiene profondi legami commerciali e culturali? Quali vantaggi ne trarrebbe, e soprattutto, a quale prezzo?
Il vero obiettivo: finanziare l’industria bellica?
Dietro l’allarmismo crescente sul tema sicurezza e riarmo, molti osservatori vedono una strategia precisa: rilanciare l’industria bellica europea, in crisi da tempo, e contemporaneamente tagliare i costi dello Stato sociale.
Scuola, sanità, pensioni pubbliche rischiano di essere sempre più ridotte per favorire modelli privati accessibili solo a chi se li può permettere. Per tutti gli altri, resterebbero servizi pubblici sempre più impoveriti, simili a quelli di lazzaretti o ghetti.