Violenza giovanile a Treviso: oltre la punizione

Contro la violenza giovanile serve rieducazione e prevenzione, non solo carcere: l'analisi del CNDDU sui diritti e la scuola.

A cura di Scuolalink Scuolalink
14 dicembre 2025 10:30
Violenza giovanile a Treviso: oltre la punizione - Violenza tra adolescenti
Violenza tra adolescenti
Condividi

I recenti fatti di Treviso riaccendono il dibattito sulla violenza giovanile. Il CNDDU invita a superare la logica puramente punitiva per puntare sulla responsabilità educativa e costituzionale. Serve un approccio basato sulla prevenzione e sul sostegno reale a scuole e famiglie.

Violenza giovanile a Treviso: tra invocazioni punitive e vuoti educativi, la responsabilità collettiva dei diritti

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profonda preoccupazione per i gravi episodi di violenza avvenuti nei pressi di Porta San Tommaso a Treviso, che impongono una riflessione lucida e responsabile, capace di andare oltre la comprensibile indignazione del momento. Ridurre il dibattito pubblico alla sola dimensione punitiva significa eludere la complessità del fenomeno e rinunciare a una reale tutela dei diritti, in particolare di quelli dei minori.

Nel confronto pubblico di questi giorni vengono poste questioni centrali: l’effettiva funzione rieducativa del sistema penale minorile, le condizioni strutturali del carcere di Santa Bona, il ruolo concreto della scuola e il bisogno di un sostegno reale alle famiglie. Si tratta di nodi irrisolti che chiamano in causa l’intera comunità educante e la responsabilità collettiva delle istituzioni.

Il CNDDU richiama con forza il principio costituzionale secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato. La cosiddetta “certezza della pena”, se separata dalla certezza dell’educazione, rischia di trasformarsi in una risposta simbolica, incapace di incidere sulle cause profonde della violenza giovanile. Quando a essere coinvolti sono minori, la funzione rieducativa non è un’opzione, ma un dovere giuridico e morale.

La scuola viene spesso indicata come presidio contro il disagio e la devianza, ma continua a operare con strumenti inadeguati. Sanzioni disciplinari svuotate di significato educativo non possono sostituire percorsi strutturati di educazione alle emozioni, alla gestione del conflitto, alla legalità e ai diritti umani. Tali percorsi dovrebbero essere parte integrante e obbligatoria del curricolo scolastico, sostenuti da adeguate risorse e da una formazione specifica del personale docente.

Parallelamente, emerge la necessità di rafforzare il sostegno alle famiglie, troppo spesso lasciate sole nell’affrontare comportamenti problematici, dipendenze e segnali di disagio. Un sistema realmente orientato alla prevenzione deve prevedere reti pubbliche di supporto psicologico, educativo e sociale, accessibili e strutturali, in grado di intervenire prima che il disagio si trasformi in violenza e criminalità.

Il CNDDU sottolinea infine che invocare pene esemplari senza garantire strutture dignitose e realmente orientate alla rieducazione significa tradire i principi fondamentali dello Stato di diritto e alimentare dinamiche di esclusione e recidiva. La sicurezza collettiva si costruisce investendo in educazione, prevenzione e diritti, non attraverso risposte emergenziali e semplificazioni retoriche.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ribadisce che contrastare la violenza giovanile significa assumersi una responsabilità educativa condivisa: solo mettendo al centro i diritti, la dignità e le opportunità di crescita dei giovani è possibile costruire una società più sicura, giusta e inclusiva.

prof. Romano Pesavento, Presidente Nazionale CNDDU

Le migliori notizie, ogni giorno, via e-mail