Violenza tra adolescenti a Firenze, CNDDU: sintomo di un’emergenza giovanile
L'episodio di violenza tra adolescenti a Firenze riaccende il dibattito sulla fragilità emotiva e sulla necessità di una nuova responsabilità educativa.


Il pugno sferrato a un tredicenne a Firenze va oltre la cronaca: è l'allarmante spia di un deficit educativo. L'episodio interroga la nostra responsabilità educativa collettiva, evidenziando l'urgenza di fornire ai giovani strumenti concreti per gestire la rabbia e il disagio interiore. Il comunicato stampa CNDDU.
Firenze, pugno a un tredicenne: richiamo alla responsabilità educativa e alla gestione della rabbia
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profonda solidarietà al giovane calciatore vittima dell’aggressione avvenuta a Firenze e condivide lo sgomento di fronte a un episodio che rivela quanto fragile sia oggi l’alfabeto emotivo dei nostri adolescenti.
Un pugno tra coetanei non è solo un fatto di cronaca: è un grido silenzioso che denuncia un deficit educativo collettivo. Quando un ragazzo trasforma la frustrazione in violenza, significa che non ha imparato a nominare il proprio disagio, né a trasformarlo in parola. È in questa incapacità che si misura la distanza tra la società che abbiamo costruito e quella che avremmo voluto.
Occorre promuovere una nuova alfabetizzazione affettiva, che aiuti i giovani a gestire conflitti, delusioni e impulsi senza ricorrere alla forza. L’educazione ai diritti umani non è materia teorica: è esercizio quotidiano di rispetto, dialogo e consapevolezza. Senza un’educazione alla relazione, nessuna regola può radicarsi, nessun codice etico può essere interiorizzato.
Il CNDDU sottolinea la necessità di costruire comunità educanti diffuse, capaci di integrare percorsi di educazione socio-emotiva, progetti di peer education e momenti di ascolto strutturato all’interno delle scuole e dei contesti sportivi. Gli spazi aggregativi devono diventare laboratori di convivenza, dove la differenza si riconosce, si comprende e si valorizza.
Al tempo stesso, il pentimento del giovane aggressore e la solidarietà della società sportiva Floria SSD rappresentano semi di speranza. La riparazione, se autentica, può trasformarsi in opportunità educativa per entrambi: chi ha subito e chi ha ferito.
La responsabilità educativa non appartiene a un solo ambito, ma si estende all’intera comunità. Scuola, famiglia, sport, istituzioni e media condividono il compito di formare cittadini capaci di empatia e di pensiero critico. Educare non significa soltanto istruire, ma accompagnare alla comprensione di sé, alla gestione delle emozioni, al riconoscimento dei limiti e del valore dell’altro.
Ogni adulto che incrocia il cammino di un ragazzo è parte di questo processo: un gesto, una parola o un silenzio possono costruire o distruggere fiducia. È tempo che la società adulta si riappropri del proprio ruolo di guida e testimone, con coerenza, presenza e ascolto.
Servono investimenti concreti nella formazione degli insegnanti ed educatori sulle competenze socio-emotive, affinché possano prevenire il disagio prima che si traduca in violenza. La scuola deve tornare a essere presidio di umanità, luogo di cura e di confronto.
La cultura della responsabilità e della reciprocità deve tornare al centro dell’agenda educativa nazionale: non possiamo più permettere che la distrazione degli adulti diventi complice dell’aggressività giovanile. La fragilità dei ragazzi riflette quella del mondo adulto; per questo è la comunità intera che deve interrogarsi e rigenerarsi.
Il CNDDU invita le istituzioni scolastiche e civiche a promuovere percorsi di riflessione collettiva, incontri tra studenti, famiglie e formatori, e momenti di educazione alla gestione della rabbia e all’empatia. Prevenire la violenza significa investire nel linguaggio delle emozioni e nel coraggio del dialogo.
Solo così potremo restituire senso e profondità alla parola educare: condurre fuori dall’impulso, verso la consapevolezza dell’altro.
prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU