Accesso ai social vietato sotto i 15 anni: il Garante invita a riflettere
Il Garante segnala criticità sul nuovo limite di 15 anni per l’accesso ai social e sul consenso genitoriale dei minori.


Il Presidente del Garante per la protezione dei dati, Pasquale Stanzione, interviene sul nuovo disegno di legge n. 1136, che fissa a 15 anni l’età minima per l’accesso autonomo ai social network, sollevando dubbi di coerenza con il GDPR e criticità sulla tutela dei minori più piccoli.
Nuovo limite d’età per l’accesso ai social
Il nuovo disegno di legge n. 1136 prevede che i minori possano aprire account su social network o piattaforme video solo a partire dai 15 anni. Qualsiasi trattamento dei dati personali associato ad attività online al di sotto di questa soglia viene considerato illecito. La verifica delle violazioni spetterebbe al Garante per la protezione dei dati, anche nei casi di trattamenti transfrontalieri, secondo quanto previsto dal GDPR.
Il Presidente Stanzione ha sottolineato come la nuova normativa ponga questioni di ordine giuridico e sistemico, soprattutto in relazione alla tutela dei diritti dei minori, alla responsabilità dei gestori delle piattaforme e al rischio di esclusione digitale dei più giovani. Secondo il Garante, l’attuazione della norma richiederà strumenti tecnici efficaci per la verifica anagrafica, senza ricorrere a raccolte massive di dati sensibili.
Il consenso genitoriale tra i 15 e i 16 anni
Una modifica rilevante riguarda il consenso dei genitori, che il testo consente di prestare solo per la fascia di età 15–16 anni, escludendo i minori sotto i 15 anni. Per Stanzione, questo punto è critico perché non del tutto coerente con il GDPR: anche se il minore è sotto la soglia minima, il trattamento dei dati dovrebbe poter avvenire previa autorizzazione dei genitori.
Il risultato pratico rischia di impedire qualsiasi trattamento legittimo dei dati personali dei bambini più piccoli, generando un vuoto normativo che potrebbe complicare l’uso educativo e sicuro dei servizi digitali. Il Garante ha suggerito di considerare margini di flessibilità per consentire comunque la gestione dei dati dei minori con l’autorizzazione degli adulti responsabili.
Il riferimento storico e la verifica anagrafica
Stanzione ha ricordato che la soglia dei 14 anni, fissata nel 2018, rappresentava già un riferimento per il consenso digitale in Italia. A quell’età, i minori hanno capacità decisionali riconosciute dall’ordinamento, come la possibilità di rivolgersi direttamente al Garante nei casi di cyberbullismo o di esprimere consenso in contesti specifici, inclusa l’intelligenza artificiale.
La spinta a innalzare il limite a 15 anni, secondo il Garante, senza strumenti regolatori agili o margini di deroga, potrebbe risultare inefficace rispetto ai comportamenti digitali reali dei ragazzi. La verifica dell’età, inoltre, resta un tema critico: occorrono metodi affidabili e sicuri, da armonizzare con le linee guida europee, evitando di raccogliere dati sensibili in maniera massiva.