Alessia Filippi: 'A sei anni un’insegnante mi distruggeva, lo sport mi ha salvato'
Alessia Filippi racconta il bullismo subito a sei anni da un’insegnante e come lo sport l’abbia salvata, trasformando il dolore in forza.


L’ex campionessa di nuoto Alessia Filippi racconta il trauma vissuto a soli sei anni, quando un’insegnante la feriva con parole che le tolsero serenità e voce. Oggi trasforma quel dolore in testimonianza di rinascita, spiegando come lo sport sia stato la sua salvezza e un potente strumento educativo contro il bullismo.
Un’infanzia segnata dalle parole che feriscono
Durante gli Stati Generali dell’Educazione e della Prevenzione, tenutisi a Roma, Alessia Filippi ha raccontato un episodio doloroso della sua infanzia. “A sei anni avevo un’insegnante che mi diceva ‘non ce la fai, non sei in grado’”, ha ricordato l’atleta, oggi simbolo di resilienza. Quelle frasi, apparentemente banali, si trasformarono in ferite invisibili: la bambina iniziò a balbettare, a chiudersi e a smettere di sorridere. La violenza verbale, ha sottolineato, può provenire anche da figure adulte e autorevoli, con un impatto devastante sulla crescita emotiva dei bambini.
La Filippi ha voluto evidenziare come il bullismo non riguardi solo i coetanei, ma possa manifestarsi anche tra le mura scolastiche, dove la parola di un adulto pesa come un macigno. “Non ero più felice”, ha ammesso, ricordando come la scuola, luogo che dovrebbe accogliere e far crescere, divenne invece fonte di paura e insicurezza.
La piscina come rifugio e rinascita
La svolta arrivò grazie all’acqua. “L’unica cosa che mi ha salvato è stato andare in piscina, dove non dovevo parlare ma stavo in gruppo”, ha raccontato. Il nuoto, inizialmente un rifugio, divenne presto uno spazio di libertà. In vasca, Alessia trovò la possibilità di esprimersi attraverso il corpo, liberandosi dal peso delle parole. Lo sport le permise di ricostruire la propria autostima e riscoprire la gioia della socialità, lontano dal giudizio.
Allenamento dopo allenamento, la piscina divenne una seconda casa. “Lo sport mi ha insegnato l’impegno e la determinazione”, ha detto, ricordando come ogni vasca nuotata fosse un passo verso la guarigione. Lo sport, per lei, non fu solo un mezzo per vincere medaglie, ma uno strumento terapeutico, capace di canalizzare emozioni e fragilità in energia positiva. È in questo equilibrio tra fatica e libertà che la Filippi ha ritrovato se stessa, trasformando la sofferenza in forza.
Oltre le medaglie: la forza del percorso
Il racconto di Alessia Filippi non è solo quello di una campionessa, ma di una donna che ha saputo dare senso alle proprie ferite. “Lo sport abbatte ogni barriera, al di là delle medaglie”, ha dichiarato, sottolineando come il valore autentico dell’attività sportiva risieda nel percorso umano ed educativo, più che nei risultati. “La donna che sono oggi la devo allo sport, non ai trofei”, ha aggiunto, invitando genitori e insegnanti a considerare lo sport come parte integrante della formazione dei giovani.
Filippi ha poi collegato il dolore infantile ai suoi traguardi più grandi: “Quel disagio mi ha portato a vincere un argento olimpico e un oro mondiale”. Le sue parole racchiudono una verità profonda: dalle difficoltà può nascere la forza per superare ogni ostacolo. La sua storia dimostra che la resilienza può trasformare la fragilità in potenza e che, per ogni bambino ferito, esiste sempre una via di riscatto attraverso la passione e l’impegno.