Ancora violenza giovanile: CNDDU chiede al MiM una 'svolta educativa'
Contro la violenza giovanile non basta la repressione. Il CNDDU chiede più educazione ai diritti umani e all'empatia nelle scuole.


La recente escalation di violenza giovanile, come il grave episodio di Roma, evidenzia un diffuso malessere. Il CNDDU esprime viva indignazione e sottolinea che la repressione non basta. È urgente un'azione educativa integrata che parta dalla scuola per ricostruire il senso civico.
Roma, violenza nella movida: chiesta una svolta educativa per fermare l’escalation giovanile
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU) esprime viva indignazione e profonda preoccupazione per il grave episodio di violenza accaduto a Roma nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, quando un cittadino è stato colpito alla nuca con una bottiglia dopo aver chiesto ai giovani che bivaccavano sotto casa di abbassare il volume della musica. Un gesto barbaro che rappresenta, purtroppo, lo specchio di un malessere giovanile diffuso e di un indebolimento del senso civico che interroga l’intero sistema educativo e sociale.
I dati ISTAT e del Ministero dell’Interno segnalano un aumento degli episodi di microcriminalità giovanile nelle grandi città e un incremento del consumo di alcol e sostanze già tra i quindicenni. Il CNDDU ritiene che questa deriva non possa essere affrontata solo con misure repressive o divieti, ma attraverso una strategia educativa integrata, che coinvolga la scuola come luogo primario di costruzione della coscienza civile. La scuola non può limitarsi a trasmettere conoscenze: deve diventare laboratorio di convivenza, palestra di empatia e spazio di riflessione critica sul concetto di libertà e responsabilità.
Occorre promuovere percorsi strutturali di educazione ai diritti umani e alla legalità, potenziando l’insegnamento trasversale dell’educazione civica e introducendo momenti di dialogo intergenerazionale nelle scuole dei territori più colpiti dalla violenza notturna. Il CNDDU propone di inserire ore dedicate alla prevenzione dei comportamenti a rischio, con il supporto di psicologi, mediatori culturali e associazioni che operano nel campo della tutela dei minori.
Inoltre, sarebbe opportuno rivedere le politiche scolastiche affinché la scuola non resti isolata, ma diventi nodo centrale di una rete che includa famiglie, enti locali, forze dell’ordine e operatori sociali. Gli studenti vanno coinvolti come protagonisti, attraverso progetti di cittadinanza attiva, attività di peer education e iniziative di volontariato che restituiscano senso e valore alla partecipazione.
Il CNDDU sottolinea l’urgenza di riportare l’educazione emotiva e la gestione dei conflitti al centro del curricolo, perché la capacità di riconoscere e gestire la rabbia o la frustrazione è oggi una competenza civica essenziale. La cultura del rispetto deve essere coltivata fin dall’infanzia, con percorsi di continuità educativa che accompagnino i ragazzi nella crescita come cittadini consapevoli.
È necessario, inoltre, che le istituzioni sostengano programmi di formazione per i docenti, affinché possano affrontare con strumenti aggiornati le nuove forme di disagio giovanile legate all’iperconnessione, alla solitudine digitale e al bisogno di visibilità sociale. L’educazione ai diritti umani deve uscire dalle celebrazioni formali per diventare pratica quotidiana, vissuta nei comportamenti, nelle relazioni e nelle scelte di ogni giorno.
Il CNDDU invita anche i media a un uso responsabile del linguaggio: la cronaca non deve solo indignare, ma educare, evitando di alimentare stereotipi o spettacolarizzare la violenza. È necessario raccontare anche le buone pratiche, i ragazzi che scelgono la solidarietà, la cooperazione, l’impegno sociale.
La notte dovrebbe essere spazio di incontro, non di scontro. La libertà non è diritto di disturbare, ma dovere di convivere. Solo investendo in educazione, cultura e responsabilità collettiva potremo restituire ai nostri giovani il senso del vivere insieme.
prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU