Crepet: giovani indifferenti, il vero pericolo è il silenzio
Crepet denuncia l’indifferenza dei giovani: smartphone e apatia sociale come eredità degli adulti.


Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, lancia un allarme sui giovani che restano indifferenti davanti a tragedie e massacri, persi nello schermo del cellulare. Una riflessione che affonda nelle sue idee su normalità, follia e responsabilità degli adulti, chiamati a rompere l’apatia collettiva.
La critica alla normalità
Per Crepet il vero rischio non è la follia, ma la normalità intesa come conformismo e apatia. Nel corso di interviste e trasmissioni come Accordi e Disaccordi, ha spiegato che ciò che definisce “normale” spesso coincide con la ripetizione sterile, l’omologazione e l’assenza di desiderio. “Io ho più paura della normalità. Tra follia e normalità, mi spaventa di più la normalità”, afferma. La follia, nel suo linguaggio, non è soltanto malattia ma può diventare visione, slancio e alterità, una forza vitale che rompe lo schema. Per questo Crepet arriva a dichiarare: “A me sono sempre piaciuti i pazzi”, sottolineando come la rigidità di chi si proclama normale rappresenti una minaccia più grande del disordine creativo.
Giovani e indifferenza sociale
Il nucleo della riflessione di Crepet sui giovani riguarda la diffusione dell’indifferenza. Non parla di singoli comportamenti, ma di una condizione sociale più ampia che, secondo lui, è stata insegnata dagli adulti stessi. “Abbiamo insegnato l’indifferenza. Noi stessi siamo stati indifferenti. La tecnologia digitale ci rende indifferenti”, afferma. Non è quindi una colpa delle nuove generazioni, ma un’eredità che deriva dall’atteggiamento di chi le ha precedute. Lo psichiatra denuncia un paesaggio sociale anestetizzato, dove il gesto più comune non è l’azione ma la passività. La sua critica si concentra soprattutto su quei giovani che restano fermi, con lo sguardo sul telefonino, mentre il mondo intorno a loro affronta drammi e conflitti.
La responsabilità delle istituzioni
L’allarme lanciato da Crepet non riguarda soltanto i ragazzi, ma chi dovrebbe guidarli. Per lui è fondamentale che anche le istituzioni rompano l’omertà dell’indifferenza, dando segnali di coraggio e partecipazione. Ha citato con favore l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha invitato i giovani a reagire di fronte ai massacri in Palestina: parole che Crepet ha definito un atto di coraggio paterno. Nella sua visione, non serve un eroismo eccezionale, ma la capacità di esprimere un minimo segnale di reazione. Definendo spesso i ragazzi come “giovani zombie”, lo psichiatra non intende etichettarli, ma scuoterli: il suo pensiero rifiuta ogni consolazione, puntando invece a spezzare il silenzio che alimenta la paralisi emotiva e la passività collettiva.