Crepet: 'Social vietati ai minori, non punizione ma tutela educativa'

Crepet: vietare i social ai minori non è punizione ma tutela. Serve un limite fino alla terza media per proteggere sviluppo e benessere cognitivo

13 luglio 2025 08:15
Crepet: 'Social vietati ai minori, non punizione ma tutela educativa' - Paolo Crepet
Paolo Crepet
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Paolo Crepet interviene sul tema dell’uso dei social network tra i giovanissimi, sostenendo la necessità di un divieto fino alla terza media. Secondo lo psichiatra, i rischi cognitivi sono ormai documentati, e le recenti restrizioni in altri Paesi devono diventare esempio anche per l’Italia. Non si tratta di punire, ma di proteggere lo sviluppo psicologico dei minori

Crepet: 'I danni cognitivi ci sono, bene le restrizioni'

Paolo Crepet, psichiatra e voce autorevole nell’ambito educativo, si è espresso con decisione in un’intervista a Il Messaggero a favore delle misure restrittive sull’uso dei social tra i minori. “Ben vengano le restrizioni”, afferma, citando gli esempi di Paesi come Australia e Francia, che hanno scelto di limitare l’accesso alle piattaforme digitali per bambini e adolescenti. Tali provvedimenti, secondo Crepet, non sono atti punitivi, bensì risposte necessarie a dati scientifici preoccupanti sul piano cognitivo e relazionale. “Un bambino con una penna e dei colori si diverte di più”, ribadisce, sostenendo il ministro dell’Istruzione nella volontà di ripensare il rapporto tra scuola e tecnologie.

Famiglie troppo permissive sui social, serve responsabilità educativa

Il secondo punto critico evidenziato da Crepet riguarda il ruolo delle famiglie. “Non deve prevalere l’egoismo genitoriale”, avverte, denunciando una crescente tendenza a delegare l’educazione allo smartphone. Troppi genitori, per ansia di controllo o comodità, mettono un telefono in mano ai figli già in tenera età, giustificandosi con la necessità di sapere dove si trovino. “Questo non ha nulla a che vedere con una buona educazione”, chiarisce Crepet. Il problema, secondo lo psichiatra, è strutturale e coinvolge dinamiche culturali, sociali ed economiche. Nonostante le indagini del Senato americano abbiano confermato il peggioramento del benessere psicologico nei giovani “collegati”, la situazione è rimasta invariata.

Intelligenza artificiale e adolescenza: un mix esplosivo

Crepet richiama l’attenzione anche sull’arrivo dell’intelligenza artificiale, che a suo dire complica ulteriormente il quadro. In un contesto in cui gli adolescenti sono già esposti a contenuti nocivi, l’interazione con strumenti automatizzati rischia di acuire le fragilità emotive e cognitive. “Siamo in un momento delicatissimo”, osserva, in cui l’equilibrio tra progresso tecnologico e tutela dello sviluppo personale deve essere ridefinito. Lo Stato, pur non potendo imporre modelli educativi nelle famiglie, ha il dovere di intervenire sull’ambiente scolastico, per promuovere un’educazione digitale consapevole, graduale e protetta.

La proposta: niente social prima della terza media

Per lo psichiatra, la linea d’azione è netta: “Bisogna vietare l’uso dei social almeno fino alla terza media”, afferma. È una scelta “semplice che semplice non è”, ma che potrebbe ridurre notevolmente l’esposizione precoce a contenuti e dinamiche non adatte allo sviluppo evolutivo. Secondo Crepet, vietare i social a scuola rappresenterebbe un segnale forte da parte delle istituzioni e stimolerebbe una riflessione educativa anche nelle famiglie. In un’epoca segnata da iperconnessione e solitudine giovanile, l’obiettivo non è sottrarre libertà, ma offrire strumenti di crescita sani. Per Crepet, è tempo che le autorità indichino una direzione chiara, lasciando da parte ambiguità e compromessi.