Divieto social network ai minori 16 anni: inascoltato l'appello di Novara
A un anno dall'appello per il divieto social network ai minori di 16 anni, la politica tace. Novara interroga le istituzioni sulla tutela dei giovani.
La proposta di divieto social network fino ai 16 anni, avanzata con forza da Daniele Novara e Alberto Pellai, attende ancora una risposta istituzionale concreta. A un anno di distanza, la mancanza di regolamentazione chiara solleva interrogativi urgenti sulla tutela dei minori nell'ambiente digitale. Mentre l'Europa si muove, l'Italia sembra ferma, lasciando le famiglie senza supporto normativo.
L'inerzia politica sulla tutela digitale dei minori
L'appello lanciato quasi dodici mesi fa dagli esperti Daniele Novara e Alberto Pellai per una regolamentazione stringente sull'uso degli smartphone e dei social media da parte dei minori sembra essere caduto nel vuoto istituzionale italiano. La frustrazione emerge chiaramente dalle parole di Novara, che interroga la politica sulla sua reale priorità: proteggere i giovani o favorire gli interessi di mercato. Questa domanda ancora aperta evidenzia un dilemma cruciale in un'epoca di digitalizzazione pervasiva, dove i confini tra opportunità e rischio sono sempre più labili. Mentre altre nazioni europee iniziano a implementare misure legislative per governare l'accesso digitale, l'Italia rimane in una posizione di stallo preoccupante.
Il divieto social network e i paralleli normativi
Il pedagogista Daniele Novara insiste sulla necessità di stabilire limiti chiari, tracciando un paragone diretto con normative già esistenti e socialmente accettate come quelle su alcol, tabacco o sulla guida dei veicoli. L'argomentazione sostiene che se la società riconosce l'incapacità di un quattordicenne di gestire la complessità di un'automobile, lo stesso principio di precauzione dovrebbe applicarsi alla navigazione in ambienti digitali complessi e potenzialmente pericolosi. L'attuale assenza di una linea guida nazionale lascia irrisolta la definizione di "abuso", delegando di fatto la responsabilità di discernimento interamente alle famiglie. Sebbene il divieto degli smartphone a scuola sia un passo apprezzabile, esso non è sufficiente a colmare il vuoto normativo che i genitori affrontano quotidianamente al di fuori delle mura scolastiche.
La risposta autonoma delle famiglie
Nonostante l'immobilismo delle istituzioni centrali, il dibattito sollevato dall'appello ha generato un effetto tangibile sul territorio, stimolando una maggiore consapevolezza genitoriale e promuovendo l'auto-organizzazione. Si registra un cambiamento culturale significativo: la presenza di smartphone tra i bambini delle scuole primarie, un tempo quasi normalizzata, sta diventando un'eccezione grazie a iniziative nate dal basso. Questa reazione autonoma delle famiglie, che scelgono di fare rete per tutelare collettivamente i figli, rappresenta un segnale positivo di responsabilità comunitaria. Questo attivismo genitoriale, pur essendo lodevole, non fa che evidenziare ulteriormente la carenza di un supporto strutturale e di una cornice legislativa nazionale chiara.