Famiglia nel bosco: l'analisi di Crepet sul caso Palmoli
Lo psichiatra analizza la vicenda della famiglia nel bosco e l'intervento del tribunale, invitando a un necessario compromesso scolastico.
Intervistato dalla testata Il Centro, Paolo Crepet esamina il delicato caso della famiglia nel bosco di Palmoli. L'esperto critica le modalità di allontanamento dei minori ma ribadisce il valore insostituibile della scuola come palestra di vita, suggerendo di trovare un equilibrio tra l'isolamento nella natura e l'istruzione obbligatoria per garantire ai ragazzi una crescita serena e consapevole.
L'intervento del tribunale dei minori e i dubbi sulla famiglia nel bosco
Lo psicologo ha espresso forti perplessità sulla decisione del Tribunale per i minorenni dell'Aquila di sospendere l'affidamento genitoriale. Secondo l'esperto, separare bruscamente i bambini dai genitori rappresenta un trauma emotivo profondo che rischia di lasciare cicatrici permanenti, ben più gravi delle condizioni abitative contestate. Nell'intervista esclusiva rilasciata a Il Centro, Crepet invita a riflettere sulle ipocrisie della società contemporanea. Egli mette a confronto la scelta radicale di questa famiglia con quella di genitori che, pur vivendo in città, ignorano i figli perché distratti dalla tecnologia, sottolineando come l'equilibrio familiare sia il vero ago della bilancia. Nonostante lo stile di vita atipico scelto nel vastese, l'intervento drastico delle autorità potrebbe non rappresentare la soluzione educativa migliore per il benessere psicologico dei minori coinvolti.
La necessità di un compromesso per l'istruzione
Il noto sociologo evidenzia poi un aspetto cruciale riguardante la formazione: pur essendo costituzionalmente legittima l'istruzione parentale, essa mostra limiti evidenti con l'avanzare dell'età e delle esigenze cognitive. La scuola non è soltanto un luogo di apprendimento nozionistico, ma un passaggio obbligato per il necessario confronto con la realtà esterna. Crepet sostiene fermamente che serva un punto d'incontro tra le parti: i giovani non possono rimanere isolati tra gli alberi per vent'anni, poiché necessitano di sviluppare competenze sociali indispensabili che i parenti non possono certificare. Anche se i genitori denunciano un sistema scolastico imperfetto, privare totalmente i figli del contatto con i coetanei e con stili di vita differenti rischia di trasformare quella che sembra libertà in un regime di isolamento che preclude future scelte autonome.
Le critiche sociali e il ruolo del giudizio collettivo
In conclusione, l'analisi si sposta sul facile moralismo dell'opinione pubblica. Crepet invita chi osserva da fuori a guardare ai propri errori educativi prima di condannare senza appello le scelte altrui. Sebbene la vita bucolica e il prendersi cura degli animali insegnino la responsabilità verso gli altri, ciò non può sostituire integralmente le complesse dinamiche umane che si apprendono vivendo in comunità. La vicenda deve spingere a interrogarsi profondamente su cosa significhi educare nel mondo moderno. Più che dividersi in tifoserie opposte, occorre valutare attentamente se la protezione dai rischi esterni non stia diventando un controllo ossessivo, ricordando che spesso chi punta il dito vive in contesti urbani non esenti da problematiche affettive e solitudini ben più gravi di quelle vissute nel bosco.